Missioni Consolata - Dicembre 2017

• Educazione | Sostegno a distanza | Salute | Progetti Mco • tano anche il mio cuore e il mio respiro. Poi mettono mio fratello dentro una specie di scatola di le- gno e gli avvolgono un braccia- letto intorno a un braccio, scri- vono dei numeri su un quaderno e a volte danno a mamma un sac- chetto con dentro delle cose per lui. U n giorno ho visto un bam- bino piccolissimo, con i ca- pelli strani, un po’ gialli. Era con sua sorella più grande, non so dove fosse la sua mamma. Hanno messo pure lui nella scatola di le- gno, gli hanno avvolto il braccia- letto intorno al braccio e lo hanno anche infilato con le gambe pen- zoloni in una specie di sacco bu- cato: era per pesarlo, ha detto l’infermiere. A sua sorella hanno dato un sacchetto molto più grande di quello che hanno dato a noi e l’infermiere ha parlato con lei per tanto tempo. Dice mamma che adesso quel bambino devono curarlo bene e che deve mangiare delle cose per non essere più così piccolo e per non avere più i capelli gialli. Di bambini così all’a- silo dove lavora mamma non ce ne sono: secondo me è perché lei è la cuoca più brava di tutte. Le cose che prepara fanno diventare grandi i bambini e non fanno venire i capelli gialli. Lo so, perché all’asilo sono andato an- che io e ora ci va mio fratello. Adesso ha lui la mia tazza rossa, quella che usavo per bere, e ha anche il mio piatto verde, dove le maestre mi mettevano la pap- petta e le altre cose da mangiare. È giusto così, la pappetta è per i bimbi piccoli, io ormai sono grande e non posso più andare all’asilo. Anche se mi piacevano le cose che facevo lì, specialmente disegnare e cantare insieme agli altri. A ll’asilo ho anche imparato a contare, ma non so ancora contare tutto: una volta ho provato a contare quanti passi ci sono per andare alla mia scuola, ma sono molti più di venti! Mia sorella grande andava nella mia stessa scuola che sta in un villag- gio più grosso. Lei dice che doveva camminare mezz’ora, ma io non so quanti passi sono mezz’ora. Alla mattina io cammino fino alla scuola con due bambine e altri due bambini del mio villaggio. È bello perché mentre camminiamo ci facciamo degli scherzi e un po’ ci fermiamo a giocare. Per un po’ di tempo Irene, una delle due bambine, non è più venuta a scuola con noi. Dicono gli altri che la sua mamma è stata male di nuovo e che lei ha dovuto stare a casa per aiutarla a guardare i fra- telli più piccoli. Il loro papà non c’è mai, guida un camion ed è sempre in viaggio @ e la mamma deve fare tutto da sola. An- che l’anno scorso sua mamma si era ammalata e ci è mancato poco che la mia amica per- desse l’anno. MC R che aveva la malaria, poi le hanno dato delle medicine e una zanza- riera nuova: la nostra aveva troppi buchi e la mamma si era amma- lata per quello. Per mia sorella che sta per nascere siamo stati al dispensario già tre volte, ma dice mamma che quando aspettava mia sorella maggiore non ci andava mai: il di- spensario non c’era ancora e mamma ha fatto tutto da sola. Beh, non proprio da sola: c’era una signora del villaggio che aiu- tava le mamme. C’è ancora, abita nella casa vicino alla strada grande, adesso è un po’ vecchia ma aiuta ancora i bambini a na- scere. Però non tutti, dice mam- ma, più o meno uno sì e uno no @ . Poi i missionari, quelli dell’asilo dove lavora mamma, hanno aperto il dispensario. Ora molte mamme vanno a fare la visita, ma non sempre. Ad esempio, fra le nostre vicine di casa quattro aspettano un bambino. Una viene sempre con noi alla visita, due sono andate una volta sola. La quarta, invece, non ci va mai @ . Mamma ha provato a convin- cerla, ma lei niente: dice che suo marito non vuole, che ha bisogno nei campi, e poi lui non si fida di quelle persone vestite di bianco. Secondo me fa male a non fidarsi di loro: sono gentili, spesso ascol-

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