Missioni Consolata - Dicembre 2017

La costruzione della ferrovia, tagliando il territorio, ha sconvolto i rapporti tra i diversi clan della zona, mettendo in difficoltà la loro forma di organizza- zione sociale e l’uso delle risorse agricole e animali locali. È vero che grandi cartelli segnalano a caratteri cu- bitali il passaggio dei convogli ferroviari, ma, come dicono scherzando gli indigeni più anziani, «le ca- pre non sanno leggere», e finiscono travolte dai va- goni, mentre le particelle nere di carbone si disper- dono nell’aria, oscurando il paesaggio. Polveri micidiali «È solo polvere, annerisce, ma è innocua», ripetono come un mantra i responsabili del programma di miniera del Cerrejón durante una delle tante visite organizzate ad hoc per i giornalisti. Polvere nera e leggera come quella seminata dai camion che tra- sportano il carbone agli hangar, e che i venti Alisei del Nord disperdono nell’ambiente in una pioggia costante di particelle sospese. Particulate Matter , si chiamano, o Pm10, e sono responsabili di malattie respiratorie, problemi cardiovascolari e tumori pol- monari: la silice cristallina, infatti, è un agente can- cerogeno. I responsabili di « Carbones del Cerrejón », interro- gati a riguardo, minimizzano affermando di essere entro i limiti consentiti dalla legge colombiana e di avere un efficiente sistema di monitoraggio della qualità dell’aria, nonostante si oppongano a far rea- lizzare test da società indipendenti e non al loro servizio. L’azienda cerca di mitigare la situazione usando grandi quantità di acqua, ma la misura ri- sulta essere insufficiente. Per i lavoratori della mi- niera che fanno turni di 12 ore, come per le comu- nità circostanti, quella «polvere nera e innocua» è diventata la causa di gravi malattie. Una di esse è quella diagnosticata al piccolo Moisés Daniel Guette, figlio di Luz Angela Uriana Epiayu. La casa di Luz Angela e dei suoi cinque figli Luz Angela è una donna di 28 anni che, insieme ai suoi cinque figli e al suo compagno, due cani smilzi e poche capre, vive nella piccola comunità wayuu di Provincial, in una bella casa di mattoni di fango, a soli 1.500 metri dal « Tajo la Puente »: un buco nero di polvere largo due chilometri e profondo più di 100 metri, una delle zone di estrazione de El Cerre- jon. Moisés, il suo piccolo di sei anni, ha gli occhi co- lor mandorla e una storia di problemi respiratori. «Si stanca subito quando corre e ha bisogno di fer- marsi perché non riesce a respirare», dice la madre che, con il solo sostegno del Colectivo de Abogados José Alvear Restrepo , sta conducendo una battaglia importante che nel 2015 ha portato il giudice di Barrancas a dare seguito a una denuncia contro il consorzio energetico. David, il figlio più grande, ap- pena 11 anni, mostra le crepe profonde nelle pareti della sua capanna di argilla provocate dalle conti- nue esplosioni che gli fanno fischiare le orecchie tre volte al giorno. «È il nostro terremoto 13,45, l’ora della prima esplosione della giornata», racconta con il suo lessico da adulto e gli occhi grandi da bambino: «Trema tutto, corriamo fuori per paura che ci cada il soffitto sulla testa e, una volta finito, torniamo a vedere quanti mattoni sono venuti giù». Gli anni passano e la casa non sopporterà ancora a lungo. Si chiama «water grabbing», furto d’acqua Luz Ángela non è l’unica a combattere il progetto del « Tajo la Puente »: ha dalla sua gran parte della comunità locale, insorta dopo aver scoperto che i lavori di apertura della nuova zona di estrazione avrebbero implicato la deviazione del corso d’acqua DICEMBRE2017 MC 39 D COLOMBIA

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