Missioni Consolata - Novembre 2017

• Partigiani | Fascismo | Martirio | Carità • NOVEMBRE2017 MC 51 E a livello di azione pastorale quali furono le at- tività che mettesti in atto? Organizzai l’Azione Cattolica per i ragazzi, la Confe- renza di San Vincenzo per i più poveri. Con le poche risorse che riuscivo a racimolare cercavo di dare una mano alle missioni e nonostante il triste pe- riodo della guerra mi impegnavo nell’attività cate- chetica. Attraverso la celebrazione della santa messa quotidiana, per quanto mi era possibile, cer- cavo di alimentare la speranza fra la mia gente. Già, la guerra. Chi non l’ha vissuta non riesce a immaginare come essa ti sconvolga la vita, an- che se non sei al fronte a combattere… Infatti i giovani partiti per il servizio militare mi scri- vevano lunghe lettere dai diversi fronti e io, parroco della loro comunità, rispondevo a ciascuno, cer- cando di far sentire la mia presenza accanto a loro assicurando la mia umile preghiera. Dopo l’8 settembre del 1943, seguì un periodo di generale sbandamento e di grandi eventi po- litici e purtroppo anche tragici, molti dei gio- vani della Val d’Ossola, salirono sui monti dell’alta valle e si arruolarono nelle formazioni partigiane. Nell’agosto-settembre 1944 nel territorio dell’Os- sola fu istituita una Repubblica partigiana. Pur avendo chiaro da che parte stare, pubblicamente non presi posizione per nessuno, anzi cercai di man- tenere una condotta il più prudente possibile per non far correre inutili pericoli alla mia popolazione. L’episcopato piemontese del resto si era espresso molto chiaramente invitando il clero a non schierarsi per nessuna delle parti in causa, ma rimanere al di sopra di esse, proprio per of- frire a tutti indistintamente un servizio come «Buoni pastori». Per questo volli essere un riferimento per tutti que- gli uomini di ambo le parti che cercavano testimoni che incarnassero valori morali e religiosi per i quali valesse la pena di vivere e non morire, ma nel con- tempo soffrivo nel profondo del mio cuore nel ve- dere i sacrifici che i miei giovani facevano per con- quistare la libertà e abbattere la dittatura. In questo senso è rimasta famosa fra la tua gente una tua frase: «Chiunque bussa alla mia porta perché ha bisogno, io lo aiuto». Ne avevo coniato un’altra che esprimeva lo stesso concetto: «Io aiuto chiunque si rivolge a me, perché per me tutti sono figli di Dio». E il 26 febbraio 1945 fu il giorno del dolore. I partigiani furono informati che una colonna di fascisti della brigata «Muti» stava salendo la Valle Anzasca da Pieve Vergone per stabilire un presidio proprio a Calasca-Castiglione. Si appo- starono sulle rocce vicino al paese. Erano in po- chi, ma una strozzatura della valle dava loro un enorme vantaggio naturale. Nell’attacco morirono due fascisti e altri 15 rima- sero feriti. I partigiani si dileguarono, ma i fascisti organizzano una feroce rappresaglia, bruciando le case delle frazioni più vicine al luogo degli spari e rastrellando quanti trovano in strada per gli interro- gatori. Tutti gli abitanti maschi fuggirono dal paese, mentre le donne si chiusero in casa. Alcuni parroc- chiani mi invitarono a seguirli nella loro fuga, ma io non mi mossi, preferendo restare al mio posto. MC R A sinistra in basso : fototessera di don Giuseppe Rossi. Qui a sinistra : la cappelletta presso la quale don Giuseppe fu ucciso. Qui sotto : il mosaico del martirio conservato nella cappelletta. Pagina seguente : l’urna contenente il corpo del martire nella chiesa di Castiglione. Foto cortesia di : lavalledelrosa.forumfree.it #

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