Missioni Consolata - Novembre 2017

P rima della riforma liturgica del Concilio ecu- menico Vaticano II, valeva su tutto la «forma rituale»: non si parlava di «liturgia», ma di «sacre cerimonie», istituzionalizzate al punto da essere una materia obbligatoria di stu- dio nella formazione dei preti, che dovevano stu- diare le «Rubriche» che contenevano le norme esatte per eseguire scrupolosamente i gesti, i mo- vimenti e i tempi del rito ( vedi «Rubrica» ), e, come un galateo, regolamentavano tutto. Un’altra mate- ria di studio era la «Sacra eloquenza» con cui s’in- segnava al futuro predicatore l’arte dell’oratoria, mentre l’esegesi era relegata tra le materie minori. Nel messale tridentino (ultima edizione del 1962) all’inizio dell’offertorio vi era una pagina con un di- segno dell’altare con le parti numerate e due schemi (a forma di croce e di cerchio) che insegna- vano come incensare l’altare. Dal rito alla Liturgia Si giunse persino all’assurdo di considerare la vali- dità della Messa a partire «dall’offertorio» in poi. Si poteva andare comodi in chiesa, «tanto la Messa è valida dall’offertorio», dispensandosi quindi completamente dalla già ridotta liturgia della Pa- rola, dall’atto penitenziale e dal salmo d’introito, considerati accessori. La stessa Parola di Dio era pleonastica. Ciò che importava era la misteriosità della formula della consacrazione, l’atto magico per eccellenza di un rito anonimo cui era suffi- ciente «assistere» come ad un teatro per altro in- comprensibile ( v. 2a puntata ). Al momento della Insegnaci a pregare COSÌ STA SCRITTO di Paolo Farinella, prete - foto Gigi Anataloni 9. Pregare, un collirio per la vista del cuore NOVEMBRE2017 MC 23 consacrazione, il prete prendeva l’ostia, si chinava su di essa coprendola con tutto se stesso e sussur- rava le parole latine sil-la-ban-do-le scrupolosa- mente e soffiandole (letteralmente) sul pane e poi sul calice. Durante la grande «preghiera» della Chiesa ognuno poteva fare quello che voleva: pre- gare per conto suo, sgranare il rosario, dormire e annoiarsi, oppure confessarsi. La Messa, che era af- fare privato del prete, era valida lo stesso perché era importante «soddisfare il precetto», cioè es- sere fisicamente presenti. RUBRICA E PRECETTO 1. Il termine «rubrica» deriva dall’aggettivo latino «rú- ber, rúbra, rúbrum» che significa «rosso». Ciò è dovuto al fatto che nei codici antichi di Messali e Corali (e an- che oggi nelle edizioni ufficiali), le indicazioni delle mo- dalità di preghiera (seduti, in piedi, braccia elevate, in ginocchio, voce alta, sottovoce, ecc.) erano scritte più piccole e in rosso per distinguerle dal testo scritto di norma in nero. 2. In ogni chiesa e parrocchia, la domenica, si celebra- vano le messe a ogni ora, al fine di dare a tutti la possi- bilità di «soddisfare il precetto», e per semplificare le cose si predisponevano le confessioni «durante la Messa», finendo per non fare bene né l’una né l’altra. In questo modo si privilegiava solo la comunione cui si poteva accostare «purché confessati», finendo così per ridurre il «sacramento della Confessione» a mera pre- parazione al ricevere la comunione nella Messa.

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