Missioni Consolata - Maggio 2017

MAGGIO2017 MC 27 mento - erano gli anni Ottanta-No- vanta - la coltivazione della coca si poteva “giustificare”, detto tra vir- golette. Cioè si potevano trovare ragioni sul perché si faceva: non c’erano strade, non c’erano aiuti per i campesinos ; c’era un’assenza dello stato. Non c’erano né assistenza tecnica, né ri- sorse. Da fuori arriva- rono dunque i narco- trafficanti che dissero ai campesinos: “Vi in- vitiamo a seminare un altro tipo di semi che noi vi daremo”. Erano semi di coca. “Vi offriremo assistenza tec- nica. In tre mesi ci sarà il raccolto che noi compreremo”. Insomma, tutto ciò che dovrebbe fare uno stato. “Voi - spiegavano i narco- trafficanti - guadagnerete 10 volte di più di quello che guadagnate in questo momento”. Che campe- sino poteva resistere a un’offerta di questo tipo? Individualmente, nessuno. Per fare una lotta ade- guata contro questo occorreva formare comunità, come nell’e- sperienza di padre Franzoi (missio- nario della Consolata, ndr ). Comu- nità unite che si opposero alla coca, avendo però delle alterna- tive. Era il programma “No alla coca, sì al cacao”. Però, lo ripeto, erano attività comunitarie. Un in- dividuo da solo non aveva la capa- cità di opporsi alla coca. Questo per spiegare che, a causa dell’assenza dello stato, in quel momento le coltivazioni si giustifi- cavano. Oggi no». Cosa è cambiato oggi rispetto a un tempo? «Oggi lo stato non è quello di al- lora. La Colombia è un paese molto diverso. Con strade, metodi di coltivazione. La coca è un prodotto miracoloso: in tre mesi la semini e la raccogli. Se un professore può chiedere tre mesi di licenza, va, semina la sua coca e ritorna. Questo è un esem- pio ironico per spiegare che è una coltivazione molto rapida. Per questo genera molti profitti. Tutti i produttori di qualsiasi cosa lottano sempre perché non tro- vano consumatori in numero suffi- ciente. Al contrario, per la coca i consumatori abbondano e stanno tutti negli Stati Uniti e nel mondo industrializzato. Ogni volta chie- dono di più e chi maneggia il busi- ness sa che più produce, più ven- derà. Questa è la situazione. Però, lo ri- peto, c’è tutto un programma per sradicare le coltivazioni di coca e per controllare questo businness». Lei ritiene che ciò sia possibile? «Io credo di sì. Credo sia possibile. Perché oggi c’è più volontà, più forza. Non c’è un gruppo che favo- risca la produzione come le Farc che da lì traevano le imposte. Anzi, adesso andranno a lavorare per il suo sradicamento. Pertanto, io credo che, se si vuole, si può fare». La Colombia e Francesco La prossima visita del papa in Colombia potrà aiutare il pro- cesso di pace? «Per prima cosa va detto che il papa già ha aiutato in maniera im- portante il processo di pace nel paese. Ogni volta che c’era un evento speciale lui faceva un inter- vento speciale. Quando visitò l’A- vana fece un intervento illumi- nante per il paese. Tutto il tavolo delle trattative e specialmente la guerriglia chiedeva di incontrarsi con il papa. Questo non fu possi- bile. Fummo a l’Avana. Ci spiega- rono la richiesta. Parlammo con il cardinal Ortega per capire che possibilità ci fossero. Ci rispose che non c’era alcuna possibilità perché era già tutto programmato e non si poteva cambiare. Allora si chiese non di variare il pro- gramma, ma che il papa dicesse qualcosa nell’ambito degli eventi previsti. Il papa accettò e disse pa- role importanti sulla pace, parole che aiutarono moltissimo. In ogni caso, il suo interesse per il processo di pace è stato continuo. Tanto che, dal presidente Santos agli altri protagonisti, tutti gli sono grati». Se dovesse fare un appello fi- nale, lei che direbbe? «Direi, prima di tutto, che Dio ci il- lumini per continuare a lavorare per la pace. Per una pace che sia integrale, che non si riduca sola- mente a lotta di forze per ottenere il potere, che sia veramente la co- struzione di relazioni sane tra tutti i colombiani, tra i colombiani e la natura, tra i colombiani e Dio. Una pace completa, insomma. Come Chiesa, in questi anni di conflitto e di polarizzazione, ab- biamo un compito molto difficile da perseguire. Però, poco a poco, tutti stanno cominciando a capire l’importanza e il valore di questo sforzo per la pace». Paolo Moiola A RCHIVIO MC Tra i moltissimi articoli sulla Colom- bia (in buona parte reperibili sul sito della rivista), ricordiamo qui soltanto il più recente: • Paolo Moiola (a cura di), Colom- bia. Un paese alla ricerca della pace , dossier, novembre 2016. V IDEOINTERVISTA L’intervista integrale a mons. Luis Augusto Castro Quiroga - compren- siva di argomenti esclusi da queste pagine - è visibile su YouTube sul ca- nale di Paolo Moiola: • www.youtube.com/user/pamo- video. © Paolo Moiola Dopo 52 anni è necessaria «una pace integrale».

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