Missioni Consolata - Maggio 2017

egli abbia avuto rapporti con i gruppi paramilitari come le Auc, composti da delinquenti. Su que- sta cosa però io non dico nulla perché non ho elementi per giudi- care». Chiudere il «ciclo del dolore» Abbiamo visto che i numeri delle vittime sono impressio- nanti. Cosa può dire a una per- sona che ha perso un familiare o a un profugo? «A queste persone si possono dire due cose. In primis, che esse hanno la possibilità di fare re- clamo contro lo stato per i danni e le conseguenze sofferte perché la guerra era contro lo stato. Questo c’è negli accordi di pace. In secondo luogo, come ho già spiegato, nel Tribunale per la pace ogni guerrigliero è obbligato a dire ciò che sa in termini di sparizioni, morti, sequestri. Se vuole avere degli sconti di pena, deve dire tutto quello che sa. Come suc- cesse in Sudafrica dove la commis- sione di conciliazione diceva: “Se dice la verità, lo favoriremo. In caso contrario, la giustizia cadrà su di lei con tutto il peso della legge”. Le vittime, molte vittime possono ottenere risposte in termini di ve- rità, che poi è quello che chie- dono. “Che è successo a mio fi- glio?”, “Che è successo a mio ma- rito?”, “Dove sta il cadavere? Se lo hanno ammazzato, che si possa al- meno fare il funerale”. Tutto que- sto per chiudere il ciclo del dolore. Se esso non si chiude, lascia tutti nell’incertezza continuando a sof- frire tremendamente. Pertanto, da un lato ci sarà l’a- zione del Tribunale per la pace (or- gano giudiziale, ndr ), dall’altro la Commissione della verità (organo extragiudiziale, ndr ). Da ultimo, l’ho già detto, bisogna invitare le vittime a fare un atto di coraggio: perdonare per non es- sere più vittime, perché il futuro che meritano non deve essere questo. Non cioè una triste vit- tima, ma una persona che si è con- quistata un progetto di vita, un fu- turo differente. Una persona che, con l’aiuto di Dio, ricon- quista la tranquillità e sere- nità che merita». MAGGIO2017 MC 25 Farc, ci siamo incontrati solamente una volta. Verso la fine, quando ca- pimmo che loro erano realmente decisi a fare il passo dalla guerra alla pace. E che non c’erano possi- bilità di tornare indietro». Le cause economiche e sociali che, nel 1964, portarono alla guerra sono tuttora presenti: concentrazione della terra in poche mani, diseguaglianze, ca- renza di sanità e istruzione pub- bliche. Lei non crede che senza una soluzione concreta di que- ste problematiche, la pace non potrà mai diventare effettiva? «La prima causa della ribellione delle Farc contro lo stato fu la loro esclusione dalla politica. Non fu per la povertà né per altri motivi. Il fatto è che, essendo esclusi dalla politica, non potevano lavorare sugli altri aspetti dell’esistenza. Oggi l’obiettivo è integrarsi nella politica. Detto questo, l’accordo di pace non è tanto sugli elementi politici, dati per acquisiti, quanto su tutti gli altri aspetti della vita colombiana. In primo luogo, l’a- spetto della terra, una terra super- concentrata in poche mani che non sono certamente quelle dei poveri. E poi il problema agricolo. Tutto è stato studiato nell’accordo di pace che è stato approvato. Una cosa è deciderlo, un’altra è met- terlo in pratica. Per fare questo si richiedono ingenti quantità di de- naro. Per fortuna molti paesi hanno iniziato ad aiutare». L’applicazione di cui lei parla ha avuto inizio? «È iniziata il primo dicembre del 2016. È iniziata con la definizione delle aree dove si concentrerà la guerriglia per le varie fasi del pro- cesso. La prima fase è quella del disarmo. Poi la formazione per in- tegrarsi positivamente nella so- cietà. Formazione anche dal punto di vista lavorativo, apprendendo elementi che servano per aprirsi le porte nel mondo del lavoro. In ge- nerale, la implementazione di un accordo è più difficile della sua ap- provazione» . Uribe, il grande oppositore Mons. Castro, la sua opinione su Álvaro Uribe e sulle Autodefen- sas unidas de Colombia (Auc). «Mettere questi due soggetti nella stessa domanda è una cosa... mali- ziosa… Sono due cose differenti. Io credo che il presidente Uribe sia stato ferito quando Santos, già ministro sotto la sua presidenza, fu nominato presidente e prese una linea totalmente autonoma ri- spetto alla sua. E lo fece fin dal suo discorso iniziale. Questo ha fatto sì che Uribe sia diventato un grande oppositore. Quando papa Francesco ha invi- tato Santos in Vaticano ha chia- mato anche Uribe per cercare un riavvicinamento tra i due, ma non vi è riuscito (a dicembre 2016, ndr ). Naturalmente Uribe ha molti nemici e si dice che, in passato, © Paolo Moiola MC A C’è «una terra superconcentrata in poche mani».

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