Missioni Consolata - Marzo 2017

1992 aveva gestito, sep- pur con qual- che interru- zione, la tran- sizione dal co- munismo. Ma, nonostante la vittoria di una ritrovata coalizione socialista, la strategia economica del paese ri- mane appiattita sul paradigma neoliberista: apertura alla deloca- lizzazione estera, riassorbimento della domanda di lavoro affidato agli investimenti stranieri, nessuna tutela per i lavoratori albanesi che rimangono in patria. La prolifera- zione di call center internazionali che lucrano sul plurilinguismo dei giovani retribuendolo 200 euro al mese è la manifestazione più sim- bolica dell’assenza di politica na- zionale. Più di dieci anni fa, sulle pagine di questa stessa rivista, Pier Paolo Ambrosi osservava che «fin- ché una parte importante della popolazione, a causa delle serie condizioni di povertà in cui vive, ri- mane praticamente esclusa dal circuito economico, essa non avrà alcun legame né interesse verso le forme di pratica della democra- zia». Questa drammatica conside- razione è altrettanto attuale oggi, e trova conferma nelle promesse clientelari che precedono ogni tor- nata elettorale, nell’elezione del faccendiere Ilir Meta a presidente del parlamento, nelle proteste di diversi governi europei per le do- mande d’asilo che ancora giun- gono dall’Albania e nel fenomeno di «spedizione» di minori non ac- compagnati denunciato di recente proprio dai servizi sociali italiani. I gommoni non ci sono più, ma la corruzione, il disagio sociale, la di- sillusione e il conseguente sogno d’emigrazione a tutti i costi sono lungi dall’essersi esauriti. Tra corruzione e riforme Per cercare di traghettare il paese nel futuro, il nuovo governo «so- cialista» ha rilanciato con abilità l’immagine dell’Albania all’estero - talvolta sbandierando che «qui da noi non ci sono i sindacati», tal- volta ottenendo importanti rico- noscimenti come l’agognata can- didatura all’Europa - ma ha anche affrontato difficili riforme, come quella dell’Università, mirata a fare ordine nel caotico panorama degli istituti privati, e quella della giustizia, che dovrebbe aprire la parlano in inglese, né dalla delega- zione della Commissione europea aperta a Tirana, che con i suoi re- port monitora l’avanzamento delle riforme necessarie all’aper- tura dei negoziati d’adesione, fati- cando a rendersi comprensibile al di fuori di una ristretta cerchia di privilegiati della capitale. Lo sbandierato «europeismo» di un’Albania, che - dal 2014 - è uffi- cialmente candidata all’Ue, va dunque collocato all’interno di quella generica e ingenua «estero- filia» che ha accompagnato il pas- saggio del paese dal socialismo pa- ranoico al liberismo selvaggio. Da questo punto di vista, la disconti- nuità incarnata dal governo Rama si ridimensiona. Dopo Sali Berisha Le elezioni politiche del 2013 hanno posto fine all’era di Sali Be- risha - il leader del Partito demo- cratico (la destra albanese) che dal 28 MC MARZO2017 Qui sopra : bambini giocano attorno a un crocefisso a Vermosh, villaggio al confine con il Montenegro. Al centro : un manifesto ricorda l’anniversario della morte (5 settembre 1997) di Madre Teresa di Calcutta, nata da genitori albanesi. Qui a sinistra : un condominio di Tirana, capitale in piena espansione edilizia. Pagina seguente : una moschea a Scutari, storica città albanese. # © Claudia Caramanti © Claudia Caramanti © Claudia Caramanti

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