Missioni Consolata - Marzo 2017

MARZO2017 MC 25 quanto plastificata: l’Albania indi- cizzata su Google è un paese dina- mico che ha davanti a sé la cre- scita che gli italiani hanno già con- sumato. Buona o cattiva che sia, anche questa semplificazione non rende giustizia alla realtà: è un di- sinteresse con il segno più. Chi, da italiano, voglia conoscere l’Alba- nia, dovrà smettere di usare se stesso come unità di misura. «Mi ricorda il Sud Italia del dopo- guerra» o «il mare è bellissimo, sembra la Grecia» sono frasi che parlano di noi. In questo articolo proveremo a fare un po’ d’ordine partendo dalla storia per arrivare fino ai giorni nostri. Dentro i confini del 1913 Gli albanesi esistono da prima del loro stato. Sulle origini (illiriche?) della lingua e dell’etnia albanese esistono discussioni accorate ma meno studi, quello che è certo è che sangue e idioma furono le basi ideologiche della Rilindje , il Risorgimento albanese. Inizial- mente restii ad abbandonare la compagine ottomana, i patrioti che il 28 novembre 1912 procla- marono da Valona la nascita dell’Albania - nello stesso simbo- lico giorno in cui, cinquecento anni prima, l’eroe nazionale Skan- derbeg aveva dichiarato guerra ai turchi dal suo feudo di Kruja -, lo fecero con il placet della potenze europee, nel tentativo di arginare l’espansionismo serbo e greco che, da Nord e da Sud, spingeva sulle province albanesi della Su- blime Porta (termine indicante l’Impero ottomano, ndr ). La na- scita dello stato albanese somi- glia a quella di altri stati emersi dalla dissoluzione dei grandi im- peri multietnici. È una storia fatta di visione e di afflato ideale, ma anche di contingenza e di reali- smo politico. Il riconoscimento in- ternazionale arrivò nel luglio 1913, durante la Conferenza di Londra (sostenitrice della neces- sità di uno stato albanese era proprio l’Italia liberale). Nel feb- braio dell’anno seguente gli stati europei fissarono confini e go- verno del Principato d’Albania: per dare un’idea del livello di em- patia che gli albanesi del tempo dovettero provare nei confronti del nuovo assetto statuale basti ricordare che a insediarsi sul trono fu un perfetto estraneo: il principe Guglielmo di Wied, uno dei nipoti della Regina Elisabetta di Romania. Giunta al porto di Durazzo il 7 marzo 1914, sotto la protezione di una sparuta milizia olandese, la famiglia reale resi- stette fino al 3 settembre, quando una rivolta la costrinse ad abbandonare il paese. Da quel giorno, l’indipendenza formale dell’Albania ha subito diverse in- terruzioni - all’occupazione ita- liana durante la Grande guerra seguirono il debole regno di Zog, l’occupazione fascista del 1939 e mezzo secolo di comunismo - ma i confini stabiliti dagli ambascia- tori del 1913, i quali non inclu- dono tutti gli albanesi entici, sono gli stessi dell’Albania odierna. Il comunismo di Hoxha Questi precedenti giocarono un ruolo determinante all’indomani della II guerra mondiale. Scelto da- gli iugoslavi nel fuoco della Resi- stenza condotta contro i nazisti che dopo l’8 settembre avevano occupato i territori italiani della Balcania (Badoglio lasciò in Alba- nia 130 mila soldati privi di ordini), il comandante partigiano Enver Hoxha governò l’Albania comuni- sta dal 1944 al 1985 (anno della sua morte) combinando spregiudi- cate alleanze internazionali a un discorso politico nazionalista di stampo appunto risorgimentale. Nei primi anni del dopoguerra l’Al- MC A Pagina precedente : una veduta di piazza Skanderbeg, cuore di Tirana, con la statua equestre dell’omonimo eroe nazionale e, sullo sfondo, il Museo storico (sovrastato dal grande mosaico della storia albanese). Qui a destra : una via di Scutari, città del- l’Albania Nord Occidentale. # • Comunismo | Liberismo | Unione europea • © Treccani it © Claudia Caramanti

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=