Missioni Consolata - Marzo 2016

MARZO 2016 amico 73 AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT gio del vangelo, perché Cristo “nascesse nero”, come ebbe a dire il cardinale Malula, arcivescovo di Kinshasa. Poi il caos del dopo-Mobutu, le interminabili e complesse guerre civili, le lunghe sofferenze della gente, fino a oggi, dove continua è la tenta- zione di ritornare al potere forte di un tempo, scavalcando democrazia e partecipazione. Le grandi sfide sono quelle della pace (quante piccole “guerre” locali, ancora!), della gestione corretta del potere (no alla corruzione e sì alla competenza) e dell’impegno a condividere tra tutti i congolesi ricchezze e potenzialità di questo straordinario paese. La mia esperienza missionaria in Zaire-Congo ha avuto due momenti, separati da una lunga... pausa italiana, in cui sono stato redattore della nostra ri- vista Missioni Consolata e... Amico! Il primo periodo (1980-1990) è stato per me indi- menticabile, innanzitutto per il lavoro missionario (dapprima come broussard , cioè l’incaricato dei villaggi della foresta, e poi come direttore del Centro Catechistico della diocesi di Wamba), ma soprattutto per i compagni d’avventura con cui ho potutto realizzare quella “unità d’intenti” tanto cara al nostro fondatore Giuseppe Allamano. Tra questi compagni, ci fu anche padre Stefano, at- tuale superiore generale. Il secondo periodo (2006-2015) è stato un po’ di- verso: inizialmente infatti mi sono trovato a essere curé (parroco) in una parrocchia alla periferia di Kinshasa, capitale del Congo, poi, nuovamente missionario itinerante, ma stavolta nell’immensa foresta di Neisu, parrocchia fondata da padre An- tonello e resa famosa dall’ospedale di padre Oscar Goapper, missionario-medico argentino». Puoi raccontare un episodio significativo della tua vita missionaria? «Di questi miei pezzi di vita africana non ho avve- nimenti importanti da segnalare; credo di essere stato un missionario del tutto ordinario e, spesso, anche molto limitato. Mi piace ricordare, però, la risposta di una vecchietta protestante, che aveva voluto diventare cattolica, a cui avevo chiesto il perché di questa sua scelta; mi aveva risposto te- stualmente: “Perché voi missionari non fate di- stinzioni e volete bene ai poveri”. Quelle parole mi avevano colpito molto...». Quali sono, secondo te, le grandi sfide della missione del futuro? E cosa possiamo offrire al mondo come missionari della Consolata? «Le sfide che ci aspettano sono tante e anche co- nosciute: sono quelle che la chiesa (e non solo la missione) deve oggi affrontare. Le riassumerei in due parole tanto care a papa Francesco: le peri- ferie e... l’odore delle pecore. Guardando poi noi, missionari della Consolata, una sfida (ma è più una... ferita dolorosa) è il tra- monto dell’ideale missionario nella nostra Eu- ropa: ragazzi e ragazze che non sognano più di dare la vita per la missione “alle genti e tra le genti”. Oltre che “raccontare” la nostra esperienza e farla conoscere, quello che possiamo offrire come missionari della Consolata è soprattutto la nostra gioia e il nostro entusiasmo; il volto di uo- mini e donne che sono felici di aver “buttato via” la loro vita per seguire Gesù e farlo conoscere a tutti». Cosa dovremmo fare, secondo te, per avere più impatto nel mondo giovanile? «Ai giovani rivolgerei l’invito: “Vieni e vedi!”. Of- frire esperienze forti o vacanze alternative, per dare loro l’occasione di “toccare con mano” la missione, vissuta concretamente dai missionari/e in Africa, Asia e America... perché si rendano conto che “un altro mondo è possibile”». Durante queste interviste chiediamo sempre di suggerirci uno slogan da proporre a tutti i gio- vani che si avvicinano ai nostri centri missionari. Che frase, slogan, citazione proporresti? «Più che uno slogan, mi piace ricordare le tre pa- role che papa Francesco ha lanciato ai giovani, nella messa conclusiva della Gmg, a Rio: “An- date - senza paura - per servire”. Una proposta, ma anche uno stile per essere ancora missionari, oggi». Luca Lorusso © AfMC/Giacomo Mazzotti © AfMC/Giacomo Mazzotti

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