Missioni Consolata - Marzo 2016

mente i paesi del Sud del mondo. Ecco dunque che il consumo lo- cale in Europa o Stati Uniti aiuta indirettamente anche i paesi del Sud del mondo attraverso la ridu- zione delle emissioni. Tutto bene, allora? Quasi. Se il consumo locale viene da serre riscaldate con im- pianti fotovoltaici forse sì. Ma se, per alzare la temperatura nelle serre, si bruciano tonnellate di ga- solio, allora forse no. In questo caso può darsi che trasportare frutta dall’Africa o dall’America Latina produca meno danno al- l’ambiente del chilometro zero di serra. La stagionalità dei prodotti, dunque, è l’altro elemento da considerare: a gennaio sono so- stenibili i cavolfiori, non i pomo- dori. Ma non è finita qui: secondo uno studio del britannico Istituto In- ternazionale per l’ambiente e lo sviluppo ( International Institute for Environment and Develop- ment ), circa un milione e mezzo di coltivatori africani dipendono dal consumo dei loro prodotti nel Re- gno Unito. Vale la pena, si chiede lo studio, di privare del sostenta- mento un milione e mezzo di per- sone per ridurre le emissioni bri- tanniche dello 0,1 per cento elimi- nando i voli dall’Africa carichi di frutta e verdura? Non sarebbe meglio ridurre invece gli oltre duecento chilometri che in media un inglese percorre in auto an- nualmente per andare ad acqui- stare cibo? Le emissioni prodotte da questi spostamenti rappresen- tano lo 0,38 per cento del totale annuale, quattro volte quelle ge- nerate dal trasporto aereo di frutta e verdura dall’Africa. Il commercio equo Altro grande protagonista del consumo consapevole è il com- mercio equo e solidale, o fair trade di beni provenienti dal Sud del mondo prodotti con criteri non solo orientati al profitto ma anche a garantire un reale benefi- cio per le comunità locali. Le più recenti critiche al fair trade ven- gono da una ricerca di un’univer- sità inglese, la Scuola di studi Orientali e Africani (Soas), e dallo studio dell’economista senegalese Ndongo Samba Sylla della Rosa Luxemburg Foundation . In breve, le conclusioni raggiunte dallo stu- dio Soas sono che in Etiopia e Uganda - i paesi presi in esame dalla ricerca - le condizioni dei la- voratori appartenenti al circuito del commercio equo sarebbero addirittura peggiori rispetto a quelle dei lavoratori del circuito tradizionale, mentre Sylla insiste specialmente sui limiti del sistema di certificazione per ottenere il «bollino fair trade » che, a detta del ricercatore senegalese, pena- lizza proprio i paesi più poveri e meno organizzati, in particolare quelli africani. A partire dallo stu- dio di Sylla, l’ Economist si è spinto a concludere che il commercio equo è servito più a tranquilliz- zare le coscienze nei paesi ricchi che a contrastare seriamente la povertà nei paesi in via di svi- luppo. Come se l’eticità stessa consumo compulsivo, quella so- brietà sta - per scelta o per neces- sità - tornando pian piano ad ap- parire nel dibattito pubblico. Ma la narrativa delle origini a volte sembra più che altro al servizio del marketing e rimanda alla na- turalità di un’età dell’oro forse mai esistita. Non negli ultimi cent’anni, almeno, se è vero che anticrittogamici e concimi chimici erano in uso in Italia già negli anni Venti del secolo scorso e che a partire dagli anni Sessanta diverse varietà di frumento sono state ir- radiate: uno degli esempi più noti è il grano Creso, ottenuto nel 1974 dopo un processo di irrag- giamento del grano Senatore Cap- pelli. Il chilometro zero Ma veniamo agli aspetti del con- sumo consapevole legati alle eco- nomie (e quindi agli abitanti) del Sud del mondo e limitiamoci per brevità all’ambito alimentare. Uno dei principi molto in voga ne- gli ultimi anni è quello del chilo- metro zero, cioè, in estrema sin- tesi, il consumo di prodotti il più vicino possibile alla zona di produ- zione. Al di là dell’ovvio vantaggio per i produttori locali, il chilome- tro zero favorirebbe l’ambiente perché trasporti più brevi impli- cano meno emissioni di CO 2 . Quelle stesse emissioni di cui tanto s’è parlato al Cop21 - la con- ferenza sull’ambiente che si è svolta a Parigi alla fine dello scorso anno - e il cui effetto nefa- sto sul clima colpirebbe special- MARZO 2016 MC 67 • Cooperazione | Multinazionali | Ambiente | Commercio equo • MC RUBRICHE

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