Missioni Consolata - Marzo 2016

belac (Danone) - che si vede fra le braccia dei bambini nei campi di rifugiati siriani? Ovvio che nell’im- mediato serve il latte Danone in Siria e serve il lavoro offerto dalla Del Monte in Kenya. Ma che cosa sta a monte della malnutrizione dei bambini siriani o delle lotte dei contadini keniani? Se c’è un campo rifugiati con dei bambini malnutriti è perché c’è un’emer- genza umanitaria generata da un conflitto. Se i lavoratori keniani chiedono salari più alti e diritti basilari è perché non li hanno. Il punto, allora, è come evitare che una soluzione immediata - il latte, il lavoro - ipotechi una solu- zione più duratura, stabile ed equa. Come evitare, cioè, che una multinazionale sia così potente da imporre sempre, e non solo nei casi di emergenza, il latte in pol- vere? O che le grandi piantagioni trasformino i paesi del Sud del mondo in inferni ambientali abi- tati da masse di salariati a basso all’anno finanzi chi impedisce a quel bambino di andare a scuola. Sull’onda della scoperta appena fatta ti metti a navigare su inter- net e poi a esplorare la tua casa: il detersivo per i piatti, nell’eti- chetta posteriore, reca il logo di un’altra grande multinazionale, anche questa accusata di gravi violazioni dei diritti dei lavoratori, così come il cibo per la gatta, che leggi essere prodotto con pesce pescato da piccoli schiavi birmani in Thailandia. Te ne vai a dormire con un bel mal di testa: sembra che qualsiasi cosa faccia (o com- pri), sbagli. Che cosa c’è a monte? È ovvio che questa ricostruzione del quotidiano di una persona è fittizia e si limita a connettere fra di loro alcune informazioni: è diffi- cile risalire con questa accura- tezza la catena che porta nelle no- stre case cibo e oggetti la cui pro- duzione ha causato un danno a un preciso essere umano in Africa, Asia, America Latina. E, tanto per complicare ulterior- mente la faccenda, c’è anche il panorama visto dal Sud del mondo: i lavoratori delle pianta- gioni Del Monte in Kenya, infatti, non hanno alcuna intenzione di boicottare la multinazionale. Di- cono: «Noi la vogliamo eccome, la Del Monte, perché ci dà lavoro. Vogliamo solo che ci paghi meglio e che non ci faccia perdere la sa- lute». Che dire poi del latte in pol- vere - spesso Sma milk (prima di proprietà della farmaceutica Pfi- zer e dal 2012 della Nestlè) o Be- Cooperando… 66 MC MARZO 2016 costo dove non è più possibile al- cuna iniziativa autonoma locale e da cui le persone continueranno a emigrare, come e più di oggi? Il potere del consumatore Ma che c’entrano il genitore e la merendina con questi fenomeni così vasti e lontani? C’entrano per il fatto stesso di fare la spesa. Fa- cendo la spesa si compie un gesto apparentemente insignificante: basta mettersi sul cavalcavia di un’autostrada e osservare il gran numero di camion che traspor- tano i prodotti che consumeremo per sentire noi stessi e la nostra borsa della spesa irrilevanti. Ma il consumo può essere un’arma molto potente. In un pic- colo supermercato di quartiere, in un negozio di paese, la scelta di un solo cliente sposta poco o nulla. Ma quella di dieci consuma- tori già appare nelle tendenze di vendita che il negoziante esamina a fine mese. E quella di cento con- sumatori lo costringe a cambiare gli ordini ai fornitori. Sulle conseguenze economiche e politiche delle scelte consapevoli di consumo è in corso una ap- profondita riflessione: il «votare con il portafoglio» di cui parla ad esempio l’economista Leonardo Becchetti. Il mondo del consumo consape- vole, però, non è né semplice né lineare. Somiglia, in certe sue sfaccettature, al mondo che ci hanno raccontato le nonne, in cui era impensabile mangiare lasagne di martedì, si lavavano i panni con la cenere e non si buttava niente. Dopo decenni di ipermercati e di

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