Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

74 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2016 I Perdenti I giovani del gruppo della «Rosa Bianca», composto da cattolici ed evangelici che cercavano di vivere con coe- renza la loro fede, chiedono di ricevere i sacramenti prima dell’esecuzione. Cristoph Probst, l’unico a non essere bat- tezzato, riceve il battesimo, la comunione e l’estrema un- zione dal cappellano cattolico Heirich Sperr, al quale con- segna un biglietto da dare alla madre su cui è scritto: «Ti ringrazio di avermi dato la vita. A pensarci bene, non è stata che un cammino verso Dio». I fratelli Hans e Sophie che vengono giustiziati in un’altra ala del carcere, vorreb- bero un prete cattolico, ma non potendolo avere si con- fessano e celebrano la Santa Cena con il cappellano evan- gelico Karl Alt. Prima dell’esecuzione ai due fratelli viene permesso un ultimo e breve incontro con i genitori. Im- pressionato dal loro atteggiamento, uno dei secondini racconterà in seguito: «I giovani della “Rosa Bianca” si sono comportati con un coraggio fantastico, tutto il car- cere ne fu impressionato. Perciò ci siamo accollati il ri- schio di riunire ancora una volta i condannati, volevamo che potessero fumare ancora una sigaretta insieme, non furono che pochi minuti ma certamente fu un gran regalo per loro». Le ultime parole di Cristoph Probst sono: «Fra pochi minuti ci rivedremo nell’eternità!». Poi si lasciano condurre alla ghigliottina senza battere ciglio, mentre viene condotto al patibolo Hans Scholl grida: «Viva la li- bertà!». Il 19 aprile 1943 sono processati tutti gli altri. Tre- dici sono ghigliottinati nei mesi successivi e altri trentotto incarcerati. Con la caduta del regime nazista vennero por- tate alla luce le molteplici attività che il gruppo della «Rosa Bianca» fece per opporsi al nazismo. Ancora oggi essi rappresentano la forma più pura di opposizione alla tirannia hitleriana in terra germanica, senza essere mossi da interessi personali o di partito, tutto il loro modo di vi- vere e di agire era mosso dalla fede cristiana e dall’amore per la libertà. Don Mario Bandera, Missio Novara gli studenti che stavano nell’atrio sottostante i nostri volantini. Un bidello ci vide e ci denunciò. Fummo arre- stati e nel giro di pochi giorni la stessa sorte toccò agli altri membri della «Rosa Bianca», oltre a un’ottantina di persone che fiancheggiavano le nostre azioni contro il nazismo. Alla Gestapo non pareva vero di avervi finalmente tra le mani. Iniziarono subito a interrogarci, pestarci e a torturarci; al- cuni di loro restarono sorpresi dal coraggio e dalla deter- minazione con cui rivendicavamo le ragioni del nostro dissenso all’ideologia nazista e a Hitler. Prevedendo che vi aspettava la condanna a morte, quale fu il vostro atteggiamento di difesa? Per prima cosa noi due cercammo di attribuirci intera- mente le colpe di cui tutti erano accusati allo scopo di sca- gionare gli altri membri della «Rosa Bianca». Allo stesso tempo, per far capire ai giudici nazisti che non eravamo un gruppo di esaltati, affermammo durante il processo: «Sono in tanti a pensare quello che noi abbiamo detto e scritto; solo che non tutti osano esprimerlo a parole». Truccate le prove per la vostra condanna, il pro- cesso si concluse come volevano i gerarchi nazisti? Naturale. Dopo un dibattimento farsa, il giudice Roland Freisler, emise il verdetto con queste parole: «In nome del popolo tedesco, gli imputati sono condannati a morte per favoreggiamento antipatriottico del nemico, alto tra- dimento e demoralizzazione delle forze armate. Inoltre il tribunale del popolo constatato che essi attraverso vo- lantini hanno propagandato idee disfattiste, sabotato l’organizzazione militare e civile del sistema di vita del nazionalsocialismo del nostro popolo, insultato il Führer nella maniera più vile e infame aiutando in tal modo i ne- mici del Reich. Pertanto essi sono condannati a morte tramite ghigliottina».

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