Missioni Consolata - Dicembre 2015

In quale ambito vi state spendendo? «Quello su cui stiamo cercando di lavorare è la po- vertà esistenziale. Stiamo facendo un progetto il cui nome, Naim, prende spunto dall’episodio della ve- dova di Naim raccontato nel Vangelo di Luca (7, 11- 17). Esso vuole offrire alle persone un supporto di tipo emozionale, psicologico. Vogliamo creare un centro di attenzione. C’è, infatti, tutto un back- ground di sofferenze personali inascoltate. C’è sem- pre qualcuno che ce l’ha con i genitori, o con i figli, o con i parenti, o con il capo di lavoro, e c’è molto ri- sentimento. Vogliamo fare un lavoro sulla riconcilia- zione. Seguiamo un po’ il cammino dell’ Espere , il progetto nato in Colombia dal nostro confratello padre Leonel Narváez Gómez. Dedichiamo tanto tempo all’ascolto: aiutare le persone, aiuta un futuro migliore per loro e per chi sta loro intorno. È un’atti- vità nata da noi, ma che portiamo avanti con l’aiuto di volontari professionali, psicologi, terapeuti. Stiamo cercando anche avvocati per aiutare le cause dei più deboli». Siete inseriti nella parrocchia del vostro territorio? «Venendo in Messico si è deciso di non prendere parrocchie. Le parrocchie si occupano generalmente di circa il 20% della popolazione, ma a noi interessa il restante 80% che non frequenta e che spesso ha ancora più bisogno di incontrare Gesù. Oltre alle due comunità di Guadalajara, ne abbiamo una terza nel Sud, in Chiapas. Per volontà del ve- scovo locale, lì siamo responsabili di una parrocchia che ha un territorio abitato da 110mila persone, in una zona di periferia in cui c’è una comunità indi- gena, e dove c’è gente che vive in case di fortuna. È una zona dimenticata dai governanti in cui è molto forte il fenomeno delle chiese evangeliche e pente- costali, e la presenza di testimoni di Geova e Mor- moni. In due km quadrati si possono trovare sette chiese di denominazioni differenti. Il lavoro missio- nario è quindi anche quello di avvicinamento e dia- logo, non sempre facile, con le altre chiese. A Guadalajara è diverso. Qui c’è un cattolicesimo molto tradizionale e molto forte, e la presenza di al- tre confessioni è minore. Solitamente le chiese sono pienissime: nella parrocchia della zona rurale, la do- menica ci sono 13 messe. In questa città c’è un semi- nario che è, forse, il più grande del mondo: dal mi- nore alla teologia ci sono 1.300 studenti. Anche il cattolicesimo tradizionale è per noi una sfida: dob- biamo aiutare la gente a distinguere tra la religiosità e la fede vissuta tutti i giorni, e non è semplice». Alex Lomix/Flickr.com_vista dall’alto di Guadalajara cesar bojorquez/Flickr.com_linea di confine Messico-Usa Parole di corsa Bryce Edwards/Flickr.com_Cattedrale di Guadalajara

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