Missioni Consolata - Novembre 2015

tice gli esseri umani maschi e li- beri, seguiti dalle donne, dagli schiavi e dagli animali non umani. E filosofi come Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino, Descartes e Kant hanno contribuito anch’essi a diffondere questo genere di idee. Fortunatamente con la sua enciclica Laudato si’ , papa France- sco ha ribaltato questa visione an- tropocentrica, esortando al ri- spetto non solo di tutti gli uomini, ma anche di tutti gli altri esseri vi- venti. Ecco qualche esempio tratto dallo scritto del papa: «[...] dal prelievo incontrollato delle ri- sorse ittiche, che provoca diminu- zioni drastiche di alcune specie [...]» (Ls,40); «oggi dobbiamo ri- fiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature» (Ls,67); «Il cuore è uno solo e la stessa miseria che porta a mal- trattare un animale non tarda a manifestarsi nella relazione con le altre persone» (Ls,92). È sufficiente osservare i molti modi in cui l’uomo sfrutta gli ani- mali - per le nostre esigenze ali- mentari, per la produzione di capi d’abbigliamento, per la sperimen- tazione scientifica, per una serie di attività illegali (dalle scom- messe sulle corse clandestine di cavalli alle lotte tra cani e tra galli) -, per comprendere il monito del- l’enciclica e i numeri dell’eca- tombe. Carne e allevamenti-lager Nei paesi ricchi il consumo di carne è cresciuto enormemente dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni ’40 in Italia il consumo procapite annuo era di circa 8 kg, negli anni ’60, in pieno boom eco- nomico salì a 50 kg e alla fine del secolo scorso arrivò a 80 kg. Negli Stati Uniti d’America è giunto ad- dirittura a 120 kg. Il consumo di carne, essendo un simbolo di be- nessere raggiunto, sta inoltre au- mentando moltissimo anche nei paesi emergenti. Peraltro le fonti scientifiche raccomandano di consumare non più di 30 Kg di carne all’anno. Nel Sud del mondo invece si sta ben al di sotto di questa soglia, con punte estreme come il Bangladesh (non più di 4 kg procapite annuo) ed il Burundi (5 kg). Anche Valium e Prozac Non si salvano dalla produzione di razze con caratteristiche partico- lari nemmeno gli animali da com- pagnia. Ad esempio sono molto ricercate le razze canine i cui esemplari sembrano perenne- mente cuccioli, con il muso schiacciato e grandi occhi spor- genti, che ricordano i lineamenti di un bimbo e suscitano più tene- rezza. Così ci sono razze come il carlino originario della Cina o il bulldog francese nei quali il muso schiacciato provoca gravi pro- blemi respiratori. Inoltre, per se- lezionare razze dai tratti infantili (il mantenimento dei tratti infan- tili negli adulti è detto neotenia) spesso ci si trova con animali da compagnia emotivamente imma- turi, che presentano una versione canina delle nostre nevrosi. Natu- ralmente l’industria farmaceutica ha subito colto la palla al balzo ed ha messo in commercio confe- zioni veterinarie di Valium e di Prozac per animali ansiosi, de- pressi e ossessivo-compulsivi. Penne e pellicce Oltre agli animali vittime della no- stra tavola, ci sono quelli vittime della moda, utilizzati per la produ- zione di pellicce e di capi d’abbi- gliamento con parti in pelliccia o di capi in vera piuma. Ogni anno milioni di oche e di anatre ven- gono allevate per l’industria della moda e le penne vengono loro strappate fino a quattro volte al- l’anno, senza alcun tipo di seda- zione. Si stima inoltre che siano almeno 70 milioni gli animali alle- vati in tutto il mondo per la loro pelliccia. Si tratta soprattutto di visoni, cani-procione, conigli, er- mellini, volpi, zibellini, scoiattoli, ma anche agnellini, cani e gatti. L’85% della produzione mondiale di pellicce deriva da animali pro- venienti da allevamenti intensivi che si trovano soprattutto in Eu- ropa, Cina, Stati Uniti, Canada e Russia. In Europa sono già diversi i paesi, che vietano l’allevamento per la produzione di pellicce, ad esempio l’Olanda, l’Austria, la Da- nimarca (solo per le volpi), Inghil- terra, Irlanda del Nord, Scozia, Slovenia, Croazia e Bosnia. In Italia, al contrario, gli alleva- menti stanno aumentando. In particolare quelli di visoni attual- mente sono circa venti, dislocati NOVEMBRE 2015 MC 57 • Evoluzione | Creato | Uomo e animali • MC RUBRICHE La produzione di carne richiede, per i vari processi che portano al prodotto finale, una superficie di terra coltivabile pari a 16 volte quella necessaria per produrre le- gumi e altre proteine vegetali (con conseguente deforestazione di di- verse aree, soprattutto nel Sud del mondo). È quindi chiaro che l’ele- vato consumo di carne non è estendibile a tutti gli abitanti del pianeta per mancanza di terreno sufficiente. Un’altra ingiustizia è rappresen- tata dal trattamento riservato agli animali da macello. Basta pensare all’importazione di animali vivi: quelli di grossa taglia vengono fatti spostare utilizzando mezzi di coer- cizione come pungoli elettrificati e bastoni, fonti di terrore e soffe- renza; gli animali di piccola taglia, dopo essere stati presi per le zampe o le orecchie, vengono sti- pati in gabbie riempite a forza, per farne stare il maggior numero pos- sibile; gli animali con difficoltà di deambulazione, dovuta al peso raggiunto o a eventi patologici, vengono trascinati senza pietà. La sempre più elevata specializza- zione zootecnica, che per aumen- tare la produzione di carne e di latte ricorre alle biotecnologie e all’ingegneria genetica, ha portato alla selezione di razze iperprodut- tive. Ad esempio: le bovine fri- sone Holstein, che producono più di 100 quintali di latte all’anno, i polli da carne ad accrescimento accelerato, i tacchini dalla ab- norme massa muscolare, il suino Landrace, che popola la stra- grande maggioranza degli alleva- menti intensivi del Nord Italia. Tutto questo però si accompagna spesso alla comparsa di patologie degenerative, che possono por- tare a gravissime infermità e/o morte dell’animale per lo più per infarto. Che dire poi delle galline ovaiole, stipate in allevamenti, dove la luce è sempre accesa (per- ché stimola la produzione di uova) e private di parte del becco, per impedire loro di ferirsi reciproca- mente, dal momento che la catti- vità in condizioni di grave disagio ne aumenta l’aggressività? E dei bovini e dei suini negli allevamenti intensivi, costretti in spazi tal- mente esigui da non potersi girare e che non vedono mai un prato e la luce del sole dalla nascita fino alla morte?

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