Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2015

78 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2015 I Perdenti adatto ai miei tempi quello che Platone aveva scritto nella sua opera «La Repubblica» in cui parlava esplicita- mente di una città ideale. L’ispirazione di quest’opera, molto apprezzata nelle varie università, mi venne lavo- rando con Erasmo da Rotterdam alla traduzione dal greco al latino di alcuni scritti di Luciano di Samosata (120-190 ca.). Tra te ed Erasmo nacque anche un rapporto di stima e di affetto reciproco. Con Erasmo rimasi sempre legato da una profonda amici- zia, tant’è vero che in una lettera mi descrisse come un «credente ardentemente ansioso di verace religiosità, agli antipodi di ogni forma di superstizione», e anche quando fui imprigionato le sue lettere furono un fermo incoraggiamento e una profonda consolazione. Ma oltre a Erasmo anche i tuoi familiari ti furono sempre accanto… La mia prima moglie Jean Colt mi diede quattro figli: Margaret, Elisabeth, Cecily e John. Purtroppo la mia cara Jean morì a soli 23 anni, io rimasi con quattro bambini da accudire, per questo mi risposai dopo pochi mesi con Alice Middleton, anch’essa vedova che portava con se una figlia grandicella. Le mie spose e i miei figli furono sempre un rifugio caldo e accogliente in ogni stagione della mia vita, in modo particolare quando mi trovai im- prigionato nella Torre di Londra. Nonostante i tuoi molti meriti nell’amministrazione dello stato e nella gestione dei rapporti internazio- nali del tuo paese, il re entrò in contrasto con te sulla questione dell’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena. Il fatto che Caterina d’Aragona fosse la zia di Carlo V, re e imperatore di Spagna (sul cui impero «non tramontava mai il sole»), creava già per sé complicazioni internazio- nali. Però quel matrimonio era stato celebrato rispettando tutte le leggi della Chiesa, con documenti stilati con cura dai più competenti giuristi del tempo. Era quindi valido a tutti gli effetti e pressoché impossibile da sciogliere. Ma la passione acceca l’animo degli uomini e in questo i re non sono da meno dei comuni mortali… Vero. Però se la passione aveva la sua parte, la ragione principale era un’altra: il re voleva a tutti i costi un erede maschio, mentre tutti i figli di Caterina erano morti ap- pena dopo il parto e solo Maria (che sarebbe diventata poi regina) era sopravvissuta. Per questo Enrico VIII volle l’annullamento del matrimonio con Caterina per sposare Anna Bolena. Dopo di lei ebbe altre quattro mogli. Delle sei, da due divorziò, una morì nel 1537 dopo il parto del- Tommaso, tu sei stato una delle persone più in vista del tuo tempo, noto in tutta Europa sia come stati- sta che come uomo di cultura, polemista e strenuo sostenitore della Chiesa e del Papato. Dal tuo ri- tratto più famoso sembri anche un tipo arcigno. è proprio così? Macché. La mia fede mi dava una grande pace e serenità interiore. Ero un uomo dallo spiccato senso dell’ humor e non lo perdevo neanche nelle situazioni più scabrose. Ma l’humor non è una caratteristica di tutti i sudditi di sua maestà? Magari fosse così! Purtroppo anche ai miei tempi c’era gente dal brutto carattere, arcigna e irascibile che non sorrideva mai e spesso e volentieri perdeva le staffe. Ti riferisci forse a Enrico VIII, che quando veniva contraddetto, andava subito in “ebollizione”? Enrico era un uomo intelligente, ma passionale, impe- tuoso e impaziente. A lui ho dedicato molto del mio im- pegno politico, prima come membro del Parlamento in- glese, poi come segretario personale del re, vice sceriffo della città di Londra, cancelliere del ducato di Lancaster, Speaker del Parlamento e infine come Gran Cancelliere del Regno, cercando di moderare le sue intemperanze e di aiutarlo a prendere decisioni che fossero per il vero bene del paese. Prima di addentrarci in quella che è stata la causa della tua condanna, parlarci un po’ di te… Venni al mondo il 7 febbraio 1477 da una famiglia non nobile della piccola borghesia londinese. A tredici anni fui mandato a fare il paggio di John Morton, cancelliere del Re d’Inghilterra e futuro cardinale. Quindi proseguii i miei studi in campo giuridico, diventando un avvocato. Frequentando l’ambiente universitario ebbi modo di co- noscere una delle personalità più in vista dell’Europa del mio tempo: Erasmo da Rotterdam (1466-1536, teologo, umanista e filosofo olandese, ndr ). Fu in quel periodo, in cui eri ritenuto unanimemente una delle menti più brillanti del mondo accademico inglese, che scrivesti L’Utopia, l’opera per la quale ancora oggi sei conosciuto e considerato con ri- spetto in campo filosofico, oltre politico? Attraverso il mio romanzo «Utopia» volevo esprimere ciò che era il sogno di tutti gli intellettuali del Rinascimento europeo, descrivendo una società segnata dalla corret- tezza di relazioni fra le persone che vi abitano, in cui è la cultura a dominare e regolare la vita degli uomini. In un certo qual modo volevo riesprimere con un linguaggio # Pagina precedente : ritratto di Tommaso Moro (di Hans Hol- bein il giovane). In alto : Enrico VIII; qui sopra : Anna Bolena e il vescovo san John Fisher, martirizzato insieme a Moro.

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