Missioni Consolata - Luglio 2014

34 MC LUGLIO 2014 cultura è quella di imparare la lingua delle persone che la vivono. Bisogna dedicarsi con energia a im- parare i linguaggi della nostra società, quello dei giovani, della comunicazione, il nuovo linguaggio dei poveri. Come «palestra» ed esercizio per temprarsi all’atti- vità missionaria Giuseppe Allamano suggeriva an- che il lavoro manuale, quello che allena alla fatica e alla costanza, insegnando nel contempo a sporcarsi le mani. Credo che questa dimensione del lavoro vada riscoperta e vissuta perché è alla base di quella straordinaria rete di gratuità e di volonta- riato che è stata capace di costruire solidarietà e chiesa per tanti anni e che si sta purtroppo per- dendo. Francesco, il nostro papa, si pone su questa linea energica e vigorosa. Nel magistero di Francesco si ritrovano con forza molti temi della missione di sempre, ripetuti con insistenza proprio per dare co- raggio agli agenti dell’evangelizzazione: uomini e donne di ogni età, invitati a uscire con il sorriso sulle labbra dalle loro case per annunciare Gesù Cristo al mondo, con addosso il fuoco della mis- sione, con la passione per Cristo e il suo Vangelo. Un’immagine, quella del «fuoco della missione» che appartiene al gergo di Giuseppe Allamano, tanto attuale ieri come oggi. È interessante notare come nella prospettiva di Francesco perdano abbastanza di significato le ca- tegorie di prima o seconda evangelizzazione. L’im- portante è uscire e annunciare; la differenza la fa il soggetto che riceve l’annuncio. Ciò che è vera- mente importante è la qualità dell’apostolato, che deve essere fedele, pieno di zelo, coerente e con- vinto; in altre parole «forte, energico e virile», e per questo motivo bisognoso di tanta, tanta «pale- stra». Ugo Pozzoli e senza sale viene facilmente lasciato nel piatto. Nessuno vuole imporre la propria fede, ma pro- porla con appassionata e instancabile determina- zione, questo sì. I l missionario in Europa si affaccia a un contesto culturale liquido, e al contatto con esso il rischio di trasformarsi in poltiglia o fango è più che reale. Non è facile annunciare Gesù Cristo con la forza, l’energia e la determinazione di un San Paolo senza correre il rischio di essere banalizzato, can- cellato o, ciò che succede in massima parte, total- mente ignorato. In una società come la nostra dove trionfa la legge del «mi piace», dove molti sposano il relativismo pensando che sia l’unica condizione per poter essere veramente liberi, essere Vangelo non è facile: annunciare un messaggio eterno e ve- dersi rimossi nello spazio di un click è sicuramente un’esperienza che non fa piacere. La rapidità che il mondo d’oggi richiede per competere è sicura- mente un elemento da non sottovalutare. Sono ra- pide e frenetiche le relazioni, lo è la routine di una famiglia, lo è il tempo che porta un giovane dalla pubertà alla noia del déjà-vu, senza più riti di pas- saggio a segnare una crescita graduale. È un mondo che non va demonizzato. In fondo è la realtà in cui tutti sguazziamo. È un mondo, anzi, che richiede energie per essere capito e studiato, fortezza per sostenerne l’impatto, determinazione e perseveranza per poter offrire una narrazione differente, un messaggio basato sulla solita storia di Gesù, così vecchia e allo stesso tempo così straordinariamente nuova. G iuseppe Allamano voleva che i suoi si dedi- cassero senza risparmio allo studio dell’am- biente e della cultura. Quanto valga tutto ciò per la cultura Occidentale di oggi, così incredibilmente ricca e altrettanto incredibilmente sfuggente, è sotto gli occhi di tutti. La prima regola per entrare con discrezione e educazione in una Pillole « Allamano»

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