Missioni Consolata - Giugno 2014

DOSSIER MC MISSIONE ZAIRE/CONGO  1993-95. Saccheggi di militari non pagati, diatribe fra Mobutu e Tshisekedi. È disastro economico. La gente ha esaurito ogni sop- portazione. Intanto, nel luglio 1994, circa due milioni di profughi rwandesi si accam- pano nello Zaire.  1996, FEBBRAIO. Poiché lo Zaire è allo sfa- scio, il «leopardo» (Mobutu) è costretto a pro- mettere libere elezioni. Ma in ottobre l’Al- leanza delle forze democratiche, capitanate da Kabila e sostenute da Rwanda, Burundi, Uganda, Stati Uniti e damercenari vari, inizia da Uvira la conquistamilitare della nazione. Sono i Banyamulenge , ossia Tutsi del Rwanda e del Burundi presenti nel paese da due secoli.  1997, 6 GENNAIO. Mobutu sfida i ribelli: l’integrità territoriale del paese non si dis- cute. Però i soldati di Kabila avanzano, tro- vando scarsa resistenza nelle Forze armate zairesi di Mobutu. Contemporaneamente circa 300 mila profughi hutu ritornano in Rwanda fra indicibili sofferenze. 17 maggio. Dopo aver percorso a piedi centi- naia di chilometri, le truppe dell’Alleanza en- trano vittoriose a Kinshasa. Kabila si autopro- clama capo dello stato. Dallo Zaire si passa alla Repubblica democratica del Congo. Vie- tate le attività dei partiti. 16 giugno. Organismi umanitari sostengono che i soldati di Kabila, durante la conquista del paese, abbiano sistematicamente massa- crato numerosi profughi rwandesi. 7 settembre. Mobutu, con un cancro alla prostata, muore in Marocco: lascia ai fami- gliari (all’estero) un’eredità di 6 miliardi di dollari. Ha tenuto in pugno lo Zaire per 32 anni, indebitandolo per 14 miliardi di dollari. Kabila sarà migliore?  1998, 27 LUGLIO. Kabila, dopo aver rin- graziato Uganda e Rwanda, li invita a lasciare il paese. Ma gli ex alleati dichiarano la se- conda guerra in Congo (la prima fu contro Mobutu). Kabila resiste, sostenuto da Zim- babwe, Angola e Namibia. I paesi stranieri, presenti in Congo, mirano alle sue risorse agricole e minerarie.  1999, LUGLIO. A Lusaka (Zambia) le parti coinvolte nel conflitto in Congo firmano un accordo di pace che prevede: ritiro delle truppe straniere dal paese, rispetto della sua integrità nazionale, instaurazione della de- mocrazia. Il «cessate il fuoco» non regge. In- tanto gli Stati Uniti simpatizzano per l’U- ganda e il Rwanda (che però si combattono), mentre la Francia ammicca a Kabila. Gruppi di ribelli congolesi fanno sapere che, se il paese verrà diviso (come si dice), sceglie- ranno la strada della guerriglia. aspettavano, hanno ripreso la guerra. Una cosa sporca, in cui erano coinvolte diverse nazioni afri- cane e, ovviamente, i grandi poteri economici. Ka- bila ha avuto la meglio. Ritirandosi verso le loro basi, i militari della Spla ( Sudan People Libera- tion Army ), ex alleati di Kabila, si sono rifatti sac- cheggiando anche tutte le missioni che hanno tro- vato sulla loro strada. La foresta, la bicicletta e la Parola Quando hanno assalito Doruma, non ce lo aspet- tavamo. Poi approfittando della loro disatten- zione, siamo scappati in foresta con l’aiuto dei no- stri cristiani. Nella giungla, malgrado la paura, siamo stati abbastanza tranquilli perché i catechi- sti e giovani vigilavano sulla nostra capanna, una di quelle che loro usano quando vanno a coltivare nella foresta. Ci siamo stati un mese. A 7-8 chilo- metri erano nascoste le suore (agostiniane) che si erano organizzate meglio di noi uomini e ci hanno mandato dei materassi. È stata un’esperienza molto bella. Non avevamo niente perché abbiamo dovuto scappare in fretta e furia. Avevo un paio di ciabatte, i vestiti che in- dossavo e la veste bianca che mi ero messo la mattina quando i sudanesi erano arrivati e mi ave- vano obbligato ad andare a recuperare nella fore- sta dei fusti di benzina che avevamo nascosto. Mi ero messo la veste per suscitare in loro un po’ di timor di Dio. Anzi, nel tragitto, quando ho sco- perto che erano cattolici, li ho fatti pregare. Ma non è servito a niente, perché se la preghiera non nasce dal cuore sono solo parole vuote. Infatti poi hanno saccheggiato e distrutto tutto, portando via ogni cosa. E volevano portare via anche noi. La gente locale era scappata, ma i guerriglieri hanno preso i rifugiati sudanesi e, dopo aver bruciato i due campi delle Nazioni Unite, li hanno forzati a portare il bottino e a rientrare in Sudan. Giunti alla frontiera hanno obbligato i giovani ad arruo- larsi nelle loro file. Noi siamo ritornati in missione solo dopo un mese. Era la festa di Tutti i Santi, una domenica. Sono arrivato dalla foresta, nessuno sapeva del nostro ritorno eccetto qualche catechista. Il paese portava i segni evidenti del saccheggio fatto dai «fratelli» sudanesi, appartenenti alla stessa tribù. Ho celebrato la messa. È stata una messa lunga. E ho pianto nel vedere la gente che, avendo sentito la campana, era venuta fuori dai rifugi nella fore- sta e nei campi per riprendere una vita normale. L’esperienza più bella in quei giorni è stata quella di girare in bicicletta per visitare le oltre settanta cappelle. Prima, con la macchina, viaggiavamo sempre con quaderni, medicine e merce varia da dare o da vendere nei villaggi. No, non eravamo commercianti e neppure approfittavamo della mi- seria della gente, ma avendo una catena di riforni- mento organizzata dai nostri confratelli di Isiro, riuscivano a procurare provvigioni essenziali al- trimenti introvabili. Mi sono sentito prete davvero perché con la bici- GIUGNO 2014 MC 41

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