Missioni Consolata - Giugno 2014

ad esempio, era c onditio sine qua non per poter andare avanti nel cammino di formazione, al punto da diventare per il Fondatore una discriminante vo- cazionale. L’idea di fondo era chiara: senza il pos- sesso della lingua, strumento principale di comuni- cazione, come si poteva entrare in un contatto profondo con una cultura? Oggi lo stesso si po- trebbe dire dei mille linguaggi che si parlano in Eu- ropa, tra cui, non ultimi, quello digitale, della co- municazione, scientifico, ecc. Trasformare l’ambiente significa proporre un para- digma alternativo, che sia significativo, offra rispo- ste adeguate, rappresenti una sfida al modello do- minante. Infine, trasformare l’ambiente significa dare uno spirito nuovo. Per anni il nostro continente si è at- taccato all’illusione che il benessere economico po- tesse sopperire all’assenza di senso in cui si dibat- tevano e dibattono tuttora molte esistenze. Oggi, però, quell’illusione si è rivelata per ciò che era, una bolla di sapone che, scoppiando, ha infranto il nostro sogno: siamo senza soldi, ma continuiamo a doverci gestire le nostre solitudini, i nostri piccoli o grandi deserti familiari, gli effetti delle nostre mo- rali deboli, il tutto condito dalla frustrazione di ve- dere chiudere attività, progetti e speranze. Stiamo mandando in cassa integrazione la nostra idea di futuro: serve uno spirito nuovo, che dia un movi- mento fresco e originale al continente e motivi una profonda ecologia della vita quotidiana. La missione può fare la sua parte; del resto si fonda su una speranza che la trascende e che rappre- senta l’oggetto del suo stesso annuncio. Qualche altra «pillola» dell’Allamano potrà aiutarci a capire e vivere meglio questo momento di tra- sformazione. Ugo Pozzoli 1 È interessante notare che in alcune cosmologie andine, come quella dei Nasa della Colombia, lo spazio dove vivono gli esseri viventi viene definito «casa piccola», in contrapposizione alla «casa grande», abitata dagli spiriti. Giuseppe Allamano ha certamente in mente le vi- site ai villaggi che i missionari fanno con costanza e, con esse, le opere sociali che iniziano a svilupparsi come segno di promozione umana. Si tratta di in- terventi che vengono però fatti con un’attenzione speciale alla cultura, alle vere esigenze della gente. Può la missione della Chiesa in Europa nutrirsi di questa intuizione profonda dell’Allamano? Credo che alcuni aspetti vadano tenuti presenti e possano aiutarci a riflettere sul senso della missione nel vec- chio continente. L a missione in Europa deve cambiare perché l’Europa stessa è cambiata. Il contesto mis- sionario di oggi è totalmente differente da quello che l’Allamano conobbe a suo tempo. Aspetti sociali, demografici, culturali, religiosi si in- tersecano e si aggrovigliano rendendo ogni discer- nimento più difficile. Ma di fronte a questa com- plessità occorre fornire a noi stessi una risposta chiara in merito alla nostra identità. Come fecero i primi missionari della Consolata in Kenya, occorre definire chi siamo noi oggi. Di questi tempi, si parla molto di nuova evangeliz- zazione per l’Occidente, orientata a incontrare quelle fasce della popolazione ormai scristianizzate per invogliarle a «ritornare». È altrettanto certo, però, che oggi l’Europa si sta sempre più trasfor- mando in un contesto anche di «prima evangelizza- zione». Per poter trasformare l’ambiente dobbiamo cono- scerlo, e la miglior forma di conoscenza è l’incontro diretto, il contatto personale che crea empatia, e genera apertura. Giuseppe Allamano era un uomo illuminato, pretendeva dai suoi studio e applica- zione perché intuiva molto bene come il contesto andasse innanzitutto capito. Lo studio delle lingue, Pillole « Allamano»

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