Missioni Consolata - Ottobre 2013

dovuto «proteggere» i popoli in- digeni. Anche a una lettura su- perficiale, la descrizione di al- cuni fatti è, a detta di fratel Carlo, così nauseante da non poter es- sere riportata: i soprusi, i mas- sacri, le violenze che gli indios hanno subito per mano del servi- zio nato per salvaguardarli sono tali e tanti da non reggere il con- fronto con le cose già gravissime e atroci che il missionario ha sentito e testimoniato nella sua lunga esperienza di lavoro con gli Yanomami. Fratel Carlo ha di recente scritto una lettera a papa Francesco in occasione della sua visita in Bra- sile per la Giornata Mondiale della Gioventù: «So che tu non puoi permetterti di passare qual- che giorno in un villaggio yano- mami come ha fatto il re della Norvegia», scrive fratel Carlo, «ma forse potresti consigliarlo a qualcuno dei discendenti di euro- pei o di persone di altri continenti che hanno popolato questo “grande” paese, il Brasile. [...] Forse, dunque, in quel caso, co- mincerebbero a capire che le di- mostrazioni di ripudio e di rivolta che si ripercuotono sui mezzi di comunicazione, specialmente quelli alternativi, non sono ef- fetto di allucinazioni di alcuni esaltati [...], ma guardano al bene delle popolazioni indigene e a quello del resto dell’umanità [...]. Come può un paese, la cui grandissima maggioranza si dice cristiana, trattare i diritti umani in questo modo?». Oggi, il tentativo di eliminazione degli yanomami e di molti altri popoli continua in modo sistema- tico, si è solo fatto meno brutale e più subdolo. La presenza di po- polazioni indigene su territori spesso anche molto ricchi di ri- sorse, in contesti di paesi in forte crescita economica, è tuttora vis- suta come un fastidio e un pro- blema da rimuovere. Quasi mai la soluzione del problema passa attraverso la mediazione, la pro- posta di alternative e il rispetto del diritto di quei popoli a vivere nel loro territorio. «Non è che vogliamo convincere, né tantomeno costringere, i po- poli indigeni a “fare gli indigeni” in eterno», aveva spiegato qual- che anno fa fratel Carlo a chi scrive. «Se gli Yanomami, nel salvato da un circolo di violenza, come ha scritto Diamond, al con- trario, ha portato una violenza che non avevamo mai nemmeno conosciuto: ha ucciso, violentato e imprigionato il mio popolo, e ha rubato la nostra terra per arric- chirsi». La situazione sul campo e la lettera di Fratel Carlo Zacquini al Papa I missionari della Consolata lavo- rano con il popolo Yanomami del- l’area di Catrimani (Amazzonia brasiliana) dagli anni Sessanta. La realtà che raccontano si col- loca a una distanza siderale ri- spetto a quella descritta da Cha- gnon. In un’intervista a Survival dello scorso febbraio, il missio- nario della Consolata fratel Carlo Zacquini ha dichiarato: «Quelli che ho conosciuto – e ne ho cono- sciuti molti di Yanomami durante gli anni trascorsi a visitare un gran numero di comunità – non sono così [cioè non sono violenti]. Ci sono sempre tensioni, come ci sono tensioni in ogni famiglia, e in ogni paese, ma questo non è guerra. [...] Vi sono lotte, penso che siano sempre esistite, esi- stono in tutte le società, e qual- che volta qualcuno muore, ma è davvero molto raro. Le lotte sono divenute molto più serie quando sono arrivati i cercatori d’oro e si sono diffuse le armi da fuoco. Ma non è una situazione generale, né costante [...]. Il danno provocato da queste “guerre” è decisa- mente minore di quello provocato da un raffreddore». Fratel Carlo racconta, in una sua lettera dello scorso luglio, di aver sfogliato il rapporto stilato nel 1967 dal procuratore Jáder de Figueiredo Correia in seguito alle indagini affidategli dal Ministro dell’Interno del Brasile, dopo che una commissione parlamentare di inchiesta aveva denunciato gravi irregolarità nel Servizio di Protezione degli Indios (Spi), cioè l’ente che, sulla carta, avrebbe corso del tempo, decideranno di cedere il proprio territorio e le proprie tradizioni, questa sarà una scelta che ci rattristerà infi- nitamente ma non penso che po- tremo opporci. Ma è proprio que- sto il punto: la scelta. Credo che il ruolo di noi missionari consista anche nel sostenere questo po- polo nel suo tentativo di ottenere gli strumenti, culturali e giuri- dici, perché possa difendersi e scegliere, per non essere sem- plicemente spazzato via da chi vuole arricchirsi devastando la sua terra. Tanto più che, come sempre ripete Davi Kopenawa, non ci sono altri mondi, ce n’è solo uno e l’Amazzonia ha un va- lore inestimabile, e reale, per tutti noi». Basta, con un semplice esercizio mentale, sostituire nel paragrafo sopra «Yanomami» e «Amazzo- nia» con il nome del proprio po- polo e territorio di appartenenza per capire che non stiamo par- lando di qualcosa di così lontano. Chiara Giovetti OTTOBRE 2013 MC 61 MC RUBRICHE # In queste pagine: foto degli Yano- mami del Catrimani durante una ce- rimonia comunitaria ( foto S. Saba- tini ). Foto come queste potrebbero facilmente essere utilizzate per «documentare» la presunta ferocia di questo popolo. # Qui sopra : la copertina del libro «Yanomami» di G. Damioli e G. Saf- firio, pubblicato da Il Capitello nel 1996.

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