Missioni Consolata - Ottobre 2013

44 MC OTTOBRE 2013 OSSIER POVERTÀ In Europa oggi dilaga anche la povertà, che attana- glia milioni di famiglie. Sui 120 milioni di persone che sono esposte al rischio di povertà o di esclusione sociale circa 40 milioni versano in uno stato di grave indigenza. Ben 25,4 milioni sono bambini. Per loro il rischio di povertà o di esclusione sociale è molto più alto del resto della popolazione (27% rispetto al 23% della popolazione nel suo complesso). Questo feno- meno li espone a una deprivazione materiale che va al di là della malnutrizione. Ad esempio, 5,7 milioni di bambini non possono permettersi indumenti nuovi e 4,7 milioni di bambini non possiedono nep- pure un paio di scarpe. Chi le ha deve accontentarsi il più delle volte di scarpe spaiate e non hanno certo un paio di scarpe per il brutto tempo. I bambini che soffrono di deprivazione materiale producono risul- tati scolastici scadenti, soffrono di una salute preca- ria e non riescono poi a realizzare le loro piene po- tenzialità una volta divenuti adulti. Una forma particolarmente grave di deprivazione materiale è la condizione di senzatetto, fenomeno la cui entità è difficile da quantificare. Le stime di cui si dispone indicano però che in Europa nel 2009/2010 vi erano 4,1 milioni di senzatetto. Il nu- mero dei senzatetto è aumentato di recente a causa dell’impatto sociale della crisi economica e finanzia- ria e dell’aumento della disoccupazione. Cosa ancor più preoccupante, a essere senzatetto sono famiglie con bambini, giovani e migranti. ESCLUSIONE SOCIALE Un tempo eravamo abituati ad applicare il termine «esclusi» a gruppi e società lontani da noi. Tuttavia, gli esclusi, oggi, sono dei nostri. L’esclusione sociale è un fenomeno relativamente nuovo per la sua radi- calità e il suo carattere massivo. Oggi, essere sfrut- tato è un privilegio, perché uno soffre in quanto è parte del sistema. L’escluso è semplicemente igno- rato; né la sua vita né la sua morte toccano il si- stema: è un essere da rigettare o da eliminare. Il si- stema non investe nella salute o nell’educazione de- gli esclusi, perché si tratta di un investimento non redditizio; gli esclusi non hanno un ruolo nello svi- luppo o nel progresso. Gli esclusi sono non-deside- rati. Gli esclusi, gli assenti, si trovano, ogni giorno di più, nella situazione di occupare il margine, come quello della pagina. Ma bisogna ricordare che il margine forma parte della pagina; e che, conseguen- temente, l’esclusione è un’inclusione nel margine stesso. L’escluso viene collocato al suo posto, gioca il suo ruolo, e occupa una posizione che indiretta- mente esalta il valore del lavoro agli occhi di tutti gli altri. Egli è il cattivo esempio. L’esclusione lo co- stringe a restare chiuso fuori, nella periferia dell’u- mano, nei margini. L’escluso si trova rinchiuso in una periferia della geografia urbana e sociale, ab- bandonato nei suburbi, messo fra parentesi. LA FRANTUMAZIONE DEI LEGAMI SOCIALI Zygmunt Bauman, un sociologo e filosofo polacco, in apertura del suo libro intitolato «L’amore liquido», descrive il carattere fluido della nostra società, con la sua assenza totale di «consistenza», di stabilità, e il carattere effimero, incapace di durata, non solo delle nostre «cose», ma anche (e soprattutto) delle nostre relazioni, dei nostri «legami» che sempre più rapidamente si «sciolgono» (si liquefanno, nel senso letterale del termine). È la metafora del consumi- smo esasperato che basa la sua sopravvivenza sul «usa e getta». Questo comportamento, purtroppo, si estende ai rapporti interpersonali, all’amicizia, ai le- gami familiari. Tutto è a breve durata, deve pro- durre un soddisfacimento immediato e poi, si getta, per cercare emozioni altrove e con qualcun altro. Lo stesso autore qualche anno fa ha scritto un libro dal titolo significativo, tradotto in italiano come se esprimesse un desiderio: «Voglia di comunità» (La- terza, 2001). In realtà il titolo originale in inglese, suona molto di più come un allarme: «Missing com- munity» ( Mancando comunità - comunità man- cante ). IL PROLIFERARE DEI «NONLUOGHI» Nel 2009 il sociologo francese, Marc Augé, ha pub- blicato una nuova edizione di un suo libro molto si- gnificativo dal titolo «Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità» (Eleutera editrice, Milano 1993, nuova edizione 2009). Augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, rela- zionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi le strut- ture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni: autostrade, svincoli, aeroporti, stazioni, mezzi di trasporto, grandi centri commer- ciali, eccetera. Sono spazi in cui milioni di individua- lità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accele- rare le operazioni quotidiane o per accedere a un cambiamento (reale o simbolico). I nonluoghi sono altamente rappresentativi della no- stra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà as- soluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvi- sorietà, dal transito e dal passaggio e da un indivi- dualismo solitario. Le persone transitano nei non- luoghi ma nessuno vi abita. Insomma sono quegli spazi dell’anonimato ogni giorno più numerosi e fre- quentati. Morte del prossimo Ed è così che la prossimità è messa a repentaglio e svanisce. «Il prossimo è morto, ma un certo pros- simo più di altri». Questa frase riassume bene il messaggio che lancia lo psicanalista Luigi Zoja nel suo libro «La morte del prossimo» (Einaudi, 2009). Perché si è distanti dal vicino e vicini al lontano. Nelle società globalizzate il vicino è un nemico po- tenziale. E gli amici sul web sono lontani. Le di- stanze che la globalizzazione ha reso meno evidenti, favoriscono i rapporti tra persone lontanissime e sembrano penalizzare invece quelli che intercorrono fra chi vive nella stessa città, nella stessa via, nella

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