Missioni Consolata - Giugno 2013

Tra i presenti alcuni evidenziano un rigonfiamento su una guancia, quasi avessero in bocca una pal- lina. È la storica pratica della ma- sticazione delle foglie di coca, nota come acullico , che soltanto da poco le Nazioni Unite hanno dichiarato legale all’interno della Bolivia 4 . Sulla questione della coca le re- lazioni tra la Bolivia di Evo Mora- les e la comunità internazionale sono da tempo tese. Trovare una soluzione che rispetti le esigenze (e gli interessi) di tutti pare un’impresa ai limiti dell’impossi- bile. In Bolivia, l’importanza della coca è addirittura sancita nella carta costituzionale del 2009. L’articolo 384 recita infatti: «Lo Stato protegge la coca nativa e ancestrale come patrimonio cul- moderno (e brutto) centro com- merciale. Al centro, per terra, c’è una coperta a strisce colorate su cui sono adagiate delle foglie di coca. Le donne stanno tra loro, sedute per terra, avvolte nei loro abiti co- lorati e con in testa una bombetta nera o marrone. Gli uomini sono in piedi. Chi vuole parlare fa un passo avanti. Parlano tutti con tono monocorde, senza gestua- lità. Non si esprimono in spa- gnolo, ma in lingua aymara . Chie- diamo a uno spettatore quale sia l’argomento: la produzione della coca e le relazioni con il governo. Una persona gira tra il pubblico con un bicchiere e una bottiglia di Coka Quina , una delle alternative locali alla Coca Cola 3 : la serve a chiunque ne voglia. turale, come risorsa naturale rin- novabile della biodiversità della Bolivia e come un fattore di coe- sione sociale. Nel suo stato natu- rale essa non è uno stupefacente. La rivalutazione, la produzione, la commercializzazione e l’indu- strializzazione della stessa sa- ranno regolate tramite legge». Alcune province del paese - le due dello Yungas (nel dipartimento di La Paz) e soprattutto quella del Chapare (nel dipartimento di Co- chabamba) - vivono grazie all’eco- nomia della coca. Per la coca i confini tra legalità e illegalità, tra interessi locali e interessi interna- zionali sono alquanto labili. Di certo, a causa della coca, il presi- dente Morales ha commesso un grosso errore. È successo nella vicenda - tuttora insoluta - del Ti- pnis, un territorio naturale e indi- geno di inestimabile valore attra- verso il quale il governo - incu- rante della Madre Terra e dei di- ritti degli indigeni ( leggere riqua- dro ) - vorrebbe far passare una strada. Una strada che risponde- rebbe alle richieste dei cocaleros del confinante Chapare, bramosi di nuove terre per le loro coltiva- zioni. Al riguardo, non va dimenticato che lo stesso Evo Morales è un ex cocalero del Chapare ed è tuttora presidente del sindacato dei pro- duttori, che lo hanno rieletto nel luglio 2012, dando buoni motivi a chi parla di conflitto d’interessi. Anche i numeri della coca sono controversi. Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite 5 , gli ettari coltivati a coca sono 27.200. Di questi 12.000 servono per sod- disfare la domanda di acullico (compresa la coca che viene as- sorbita da produzioni industriali). Dove finisce la restante produ- zione se non nel circuito del nar- cotraffico? Una cosa è drammati- camente certa: in tutti i paesi confinanti la droga rappresenta un’emergenza nazionale. In parti- colare, in paesi come il Brasile e GIUGNO 2013 MC 9 # A sinistra : donne indigene a La Paz con la bombetta in testa e i colora- tissimi abiti tradizionali. # Pagina precedente : donna indigena.

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