Missioni Consolata - Giugno 2013

“prescelto”, una sorta di porta- voce del popolo, deve rendere conto del suo operato. E se, dopo due anni, questo viene giudicato insoddisfacente è possibile revo- care il mandato. L’opposizione vuole salvare la sua “democra- zia”, mentre la gente comune vuole difenderne “una diversa”, quella istituita con la Costituzione del 1999. Questa è la differenza». Il Venezuela è uno dei principali produttori mondiali di petrolio. Lei ritiene che il governo abbia utilizzato bene le grandi entrate petrolifere? «La società Petróleos de Vene- zuela (Pdvsa), una delle aziende più ricche e importanti del mondo, era proprietà privata di circa 40.000 famiglie. Ovvero 200.000 venezuelani erano i pa- droni della sola impresa in grado di produrre ricchezza per il paese. Peccato che il Venezuela abbia 16 milioni di abitanti. Prima di Chávez, soltanto una piccola percentuale della popolazione si avvantaggiava del Venezuela sau- dita. Con i miei occhi sono stato testimone di questa spaventosa ingiustizia. Venezuelani che arri- vavano a Miami per comprare edifici di quattro piani e venti ap- partamenti pagando tutto in con- tanti. Gli statunitensi rimanevano stupefatti perché nessun’altro agiva così. Pensavano che tutti i venezuelani fossero ricchi. Per decenni un’esigua minoranza ha sperperato la ricchezza petroli- fera del paese. Oggi il petrolio ap- partiene a tutte e tutti i cittadini del Venezuela». Gran parte dei profitti derivanti dal petrolio sono stati utilizzati per finanziare le cosiddette «mi- siones». I critici - più o meno at- tendibili - parlano di spreco e di occasione persa per far progre- dire l’economia del Venezuela. «I proventi del petrolio - pur in presenza della corruzione - sono stati messi a disposizione dei più bisognosi, attraverso gli investi- menti nelle missioni sociali. Pensiamo ai servizi per la salute della Missione Barrio Adentro. O alle missioni nel campo dell’i- struzione: la Missione Robinson attraverso la quale milioni di per- sone analfabete hanno imparato a leggere e scrivere; la Missione Ribas, con la quale chi già aveva un diploma di scuola primaria ha potuto accedere alla secondaria e ottenere un diploma; e infine la Missione Sucre, attraverso la quale molti sono stati in grado di studiare all’Università e si sono laureati in diverse specialità. So- gni diventati realtà per molti emarginati. E ancora ricordo la Missione Negra Hipolita, attra- verso la quale gente senza fissa dimora è stata recuperata a un’e- sistenza dignitosa. E poi la Mis- sione Vivienda, con cui migliaia di famiglie hanno beneficiato di una casa dignitosa, soprattutto coloro che erano rimasti danneggiati da eventi naturali. Le missioni hanno aiutato le classi più povere, ma ovviamente sono costate un sacco di soldi. In esse è stata in- vestita la maggior parte degli utili di Pdvsa, utili che prima finivano nelle mani dei privilegiati di que- sto paese. VENEZUELA Questa è la verità che l’opposi- zione e i media occidentali non vogliono riconoscere. Per costoro investire nel sociale è un assurdo economico. “Perché sprecare de- naro con persone che non produ- cono?”, affermano». Al successo delle missioni fanno da contraltare gli insuccessi in materia di sicurezza. Leggendo i giornali e alcune statistiche, parrebbe che il Venezuela sia un paese con alti o altissimi livelli di criminalità comune. È così? «Purtroppo è così. Il problema dell’insicurezza peggiora ogni giorno. È una questione che non è nata con Chávez, ma che deriva dal deterioramento di un sistema capitalista corrotto ereditato dal passato. Non è un problema risol- vibile con la bacchetta magica. Per affrontarlo seriamente occorre cambiare la “cultura della corru- zione” che ancora domina il nostro paese e tutto il mondo. Giudici e avvocati corrotti sono ancora in vendita per denaro, l”idolo” che occorrerebbe distruggere. C’è la polizia abituata a farsi corrom- pere. C’è il narcotraffico, che si è infiltrato nel governo e nell’oppo- sizione. Ma anche all’interno delle classi popolari, dove spesso i bambini vengono arruolati come "muli", cioè come trafficanti di droga che - in quanto minori - non sono imputabili per i loro reati. In questo modo i “colletti bianchi” non vengono mai toccati. Il problema è serio e complesso. Il governo sta facendo molti sforzi per affrontare la questione, ad esempio con una campagna per il

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