Missioni Consolata - Maggio 2013

nessere, per individui a rischio di esclusione e con un basso potere contrattuale sul mercato del lavoro. L’a- gricoltura sociale ha dunque una valenza etica e ri- sponde al modello di «impresa con finalità sociale», indicato dall’economista e premio Nobel Muhammad Yunus: «Un’impresa capace di porsi obiettivi diversi da quello del profitto personale, in grado di dedicarsi anche alla risoluzione dei problemi sociali e ambien- tali». «BUONE PRATICHE» EUROPEE In Europa esistono oltre 6.000 progetti di agricoltura sociale, di cui 1.000 solo in Italia. Il primo paese a promuovere questa pratica è stato l’Olanda - dove l’a- gricoltura sociale è ufficialmente riconosciuta dal si- stema sanitario nazionale - che conta oggi oltre 800 aziende attive nel settore. Qui, a partire dagli anni ‘90, gli imprenditori agricoli si sono dati disponibili per progetti terapeutico-riabilitativi destinati a sog- getti svantaggiati, ricevendo in cambio un’integra- zione del proprio reddito in base a un accordo qua- dro tra ministero dell’Agricoltura e ministero degli Affari sociali. Analoghi sistemi di green care si sono diffusi anche in Belgio e in Norvegia, mentre in Fran- cia hanno preso piede i Jardins de Cocagne : 120 realtà agricole specializzate nella produzione biolo- gica, diffuse su tutto il territorio nazionale e gestite da realtà no profit che favoriscono l’inclusione so- ciale e lavorativa di persone senza fissa dimora, disoccupati di lungo periodo, ecc. A differenza dei si- stemi «nordici», dove un ruolo importante è giocato dai finanziamenti istituzionali, qui la sostenibilità economica si regge tutta sulla vendita diretta dei prodotti. In Italia i soggetti promotori dell’agricoltura sociale sono per lo più aziende agricole o cooperative sociali, istituite nel 1991 con la Legge 381, e arrivate a quota 500 in poco più di un decennio. La forma di aggregazione più diffusa è la «fattoria so- ciale»: una fattoria o un allevamento gestiti da uno o MAGGIO 2013 MC 37 più associati, con la caratteristica di essere economi- camente sostenibile. L’azienda agro-sociale produce per la vendita sul mercato, ma lo fa in maniera «inte- grata» e a vantaggio di soggetti deboli o residenti in aree fragili (montagne, centri isolati), di solito in col- laborazione con le istituzioni pubbliche che finan- ziano parte delle attività. In Piemonte, una delle re- gioni più attive nel settore, esistono numerose inizia- tive a partecipazione pubblico-privata, in cui un ruolo di primo piano è giocato dalle realtà aderenti alla Coldiretti. Molte di queste interessano la provin- cia di Torino. Secondo una recente indagine dell’Associazione ita- liana per l’agricoltura biologica (Aiab), nel triennio 2007-2010 il numero delle fattorie sociali nel nostro paese è passato da 107 a 221 unità. Inoltre è cresciuta l’incidenza delle aziende agricole sul totale dei sog- getti che praticano l’agricoltura sociale: benché la co- operativa sociale resti infatti la forma giuridica più diffusa, il settore agricolo privato ha registrato nel 2010 un aumento del 33% del totale degli operatori, rispetto ad esempio al 25% del 2007, con una massic- cia presenza di giovani e donne impiegati nel settore. L’ABC DEL CONTADINO SOLIDALE Ma quali sono le caratteristiche dell’agricoltura so- ciale che favoriscono i percorsi educativi, di riabilita- zione e di inserimento lavorativo? Innanzi tutto la vita a contatto con la natura, che permette di muo- versi in spazi aperti e non costrittivi. Poi la flessibi- lità dell'organizzazione del lavoro in termini sia di orario sia di mansioni, ottenuta anche attraverso una strutturazione in piccoli gruppi; il metodo biologico o anche di utilizzo di pratiche agro-eco-compatibili, che bandisce le sostanze tossiche e consente a chiun- que di lavorare in sicurezza; la vendita diretta, che favorisce gli scambi e fa dell'azienda rurale un luogo aperto e frequentato dalla cittadinanza; la filiera corta, che garantisce il risparmio per i consumatori e la valorizzazione del territorio; infine la varietà di compiti legati al corso dei giorni e delle stagioni, con la possibilità per le persone accolte di partecipare al ciclo produttivo completo, dalla semina alla vendita. In un periodo di crisi come questo, inoltre, l’agricol- tura sociale si configura come «un percorso di inno- vazione sociale che coinvolge un’ampia gamma di soggetti locali per mobilizzare in modo nuovo le ri- sorse del territorio, dando risposte utili ai bisogni delle persone e delle comunità», come chiarisce Francesco Di Iacovo, docente di Economia agraria al- l’Università di Pisa e tra i massimi esperti europei del settore: «Oggi abbiamo bisogno di cambiare, molto e molto rapidamente, per ricostruire opportu- nità e senso di futuro», spiega il professore. «Per que- sto l’agricoltura sociale, capace di creare al tempo stesso valore economico e valore sociale, acquista una rilevanza strategica. Essa può funzionare come campo di prova del cambiamento, per ripensare in modo più ampio i principi di funzionamento delle co- munità locali». Pagina a fianco : uno dei «ragazzi» della Frassati intento ad annaffiare in serra. Sopra : fratel Umberto Bonotto di Cavoli Nostri verifica la qualità dell’insalata prodotta dalla cooperativa. MC ORTI SOLIDALI © Silvia Venturelli per Cavoli Nostri

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=