Missioni Consolata - Maggio 2013

sue piacevolezze: 180 km di asfalto fino a Rumuruti; 120 di sterrato tormentato e spesso in- sicuro fino a Maralal; 100 km in- fami su una strada ridotta a pista fino a Baragoi e ancora 50 sullo sterrato discretamente ben te- nuto che porta a South Horr. VERSO SERERIT Partiamo il pomeriggio. Da South Horr a Sererit il tragitto è tutto su pista: sassi, pietre, sab- bia, letti di fiume e ancora sassi! 70 km di «fuoristrada». Pas- siamo diverse piste battute, rese agibili grazie alle braccia volen- terose di tanti uomini samburu che p. Aldo ha coinvolto nel suo progetto di «urbanizzazione pri- maria» avviato già a fine anni Novanta, quando è stato desti- nato a cominciare quella mis- sione. Tutt’intorno, il paesaggio è mutevole: passiamo dalle col- line con grandi acacie ombrelli- fere alla savana con vegetazione bassa di arbusti e acacie spi- nose, da scarpate rocciose a ampi letti di fiumi stagionali in secca. La sera arriva presto, an- che perché la velocità su queste piste è necessariamente ridotta al minimo e, pertanto, non po- tendo raggiungere la nostra meta prima che faccia buio, ci fermiamo a passare la notte in una outstation nei pressi (si fa per dire) della missione: il campo di Maragì. In fretta mon- tiamo la tenda dove io e Frank trascorreremo la notte; il fido Maharague (fagioli!), il guar- diano samburu del campo, ci prepara del fegato di capra arro- sto e del buon chai (tè bollente con latte) e appena cala la notte saliamo sul tetto della land crui- ser del padre a gustarci l’im- mensità di un cielo stellato la cui bellezza difficilmente riesco a descrivervi a parole! Sono ap- pena le nove e mezza ma è già ora di andare a nanna. «E tu dove dormi?», chiedo a p. Aldo. Lui sorride ancora. Forse è il candore delle mie domande a farlo sorridere ogni volta. Presto detto: dal bagagliaio della land cruiser – che, se non fosse per le dimensioni, potrebbe facilmente essere paragonata alla borsa di Mary Poppins per la quantità e varietà degli oggetti che con- tiene – tira fuori un materasso, che durante il giorno funge da schienale e la sera si trasforma nel fugace giaciglio di chi ha im- parato a non temere l’imprevi- sto. Ci si stende sopra, lascian- doci a bocca aperta senza darci neppure la possibilità di compli- mentarci per la trovata geniale! Il mattino dopo di buon’ora siamo nuovamente on the road : Ngoronit, Nasunyei, Loikum kum, Lekerrì, infiliamo uno dopo l’altro i villaggi- outstations , più o meno grandi, che portano verso la missione; in ognuno di essi facciamo una breve sosta per di- stribuire acqua e farina. A sera, poco prima del tramonto, giun- giamo a destinazione. L’arrivo è per noi un momento straordina- rio: p. Aldo adora la musica e mentre stiamo ancora dando una mano a scaricare la mac- china, lui corre in casa e mette su una canzone di alcuni anni fa, Don’t cry for me Argentina . Ap- pena giriamo l’angolo verso l’in- gresso della casetta di lamiere a noi riservata, si apre di fronte a noi uno spettacolo mozzafiato: il Manmanet, la gigantesca cima amica del popolo Samburu, illu- minata dal rosso del sole ca- lante, si erge maestosa nel gruppo delle Ndoto Mountains che domina la vallata circo- stante. Io e Frank ci innamo- riamo all’istante di questo luogo ai confini della realtà. La missione è situata in una zona ricca d’acqua, dove la sa- vana (quando piove) si colora di verde e la natura assume un aspetto rigoglioso, con fiori e piante dai colori sgargianti. 22 MC MAGGIO 2013 KENYA

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