Missioni Consolata - Marzo 2013

casa dello sposo e riceve offerte dai testimoni dello sposo che «riempiono» di soldi le sue scarpe fino a quando «potrà cal- zarle». La sposa per la maggior parte del tempo tiene gli occhi bassi e non sorride, mostrando così la tristezza per aver abban- donato la propria famiglia e la propria madre, mentre la suo- cera celebra la sua gioia nell'a- ver acquisito una nuora. I festeg- giamenti durano per tre giorni, le donne indossano vestiti tradi- zionali ricamati a mano e tutta la comunità si riunisce attorno agli sposi riconoscendo e benedi- cendo la loro unione. Quelli che si svolgono d'estate in Macedo- nia sono matrimoni tradizionali, # A sinistra : momento di festa a casa dello sposo. Sotto : la futura suocera e le donne della famiglia dello sposo accolgono la sposa all’ingresso del paese. ma che non hanno alcun valore legale o religioso. La benedi- zione dell' Imam , infatti, i futuri sposi l'hanno ricevuta un anno prima, in occasione del fidanza- mento ufficiale e il matrimonio civile viene contratto in comune nei giorni successivi, ma come mera formalità. Questo dimostra l'importanza della tradizione co- munitaria che sacralizza i legami tra i suoi membri e la loro ap- partenenza a essa. EMIGRAZIONE DI PERSONE, IMMIGRAZIONE DI CAPITALI A un'analisi più approfondita ci si rende conto che i matrimoni (così come altre celebrazioni im- portanti) che gli emigrati conti- nuano a celebrare nel paese di origine servono, soprattutto alle prime generazioni, per espiare una «colpa» (quella di aver la- sciato il paese) e controbilan- ciare l'effetto perturbatore su- scitato dall'emigrazione. La na- turalizzazione degli immigrati e, in maniera ancora maggiore, l'ottenimento della cittadinanza italiana per i loro figli, infatti, rendono retrospettivamente più chiara la funzione disgregante che l'emigrazione ha per le co- munità di origine quando essa è protratta nel tempo, quando si ripete per un grande numero di individui, uomini e donne, e di fa- miglie. Come dice il sociologo Sayad nel libro La doppia as- senza , infatti: «Emigrare signi- fica “disertare”, “tradire”. In un certo modo significa indebolire la comunità da cui ci si separa, anche quando lo si fa, appunto, per rinforzarla, per favorire la sua prosperità. Ogni partenza e ogni emigrato rappresentano al- trettante mutilazioni. Così, a partire dalla stessa origine del- l'emigrazione, si comprende come essa contenga i rischi di una rottura con lo spirito e non soltanto con il corpo. Si capisce, così, che per far in modo che il tabù della naturalizzazione fun- zioni, non è sufficiente biasi- © Elena Bestettii © Elena Bestetti MC ARTICOLI

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