Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

niani». Così, per rispondere alle mutate esigenze dei tempi, nacquero in quel periodo nuove congregazioni come quella delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, fondate da suor Clelia Merloni di Forlì. Al tuo nome, per essere missionaria fino in fondo, hai aggiunto quello del patrono delle missioni: Francesco Saverio… Sì, e ho voluto mantenerlo al maschile proprio per non togliere il copyright di andare in tutto il mondo al servizio dei fratelli, del più intrepido e valoroso dei missionari di tutti i tempi. Qual è stato il tuo campo di azione? Nel 1889 mi recai negli Stati Uniti per prestare assi- stenza agli immigrati italiani. A quei tempi il viaggio verso le Americhe durava qualche mese in nave e confesso che l’aver attraversato l’oceano mi diede una carica indicibile: sbarcai a New York, ma non mi fer- mai in quella che voi chiamate la «Grande mela», mi addentrai nell’interno, alla ricerca di comunità di emi- granti italiani per dare loro tutto il nostro aiuto. Devo dire che più le nostre attività si organizzavano attorno alle comunità dei nostri emigranti, più le necessità di dare un servizio accurato e di strutturare meglio il no- stro lavoro mi portavano ad attraversare l'oceano Atlantico: lo feci ventotto volte sui bastimenti di allora. In più attraversai le Ande per raggiungere Buenos Ai- res, partendo da Panama. Erano viaggi faticosi che avrebbero stroncato chiunque. In un ambiente maschile come quello dell’e- migrazione italiana, qualche curiosità dove- vano pur crearla delle suore che a dorso di mulo si addentravano verso il selvaggio West di quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti d’America... Non vi dico i commenti, che arrivavano specialmente dai Wasp ( White Anglo-Saxon Protestant , bianco an- glosassone protestante). Però, quando cominciammo a costruire asili, scuole e convitti per studentesse, or- fanotrofi, case di riposo, ospedali, il discorso cambiò radicalmente. Cominciarono a rispettarci e ad aiutarci. Francesca, prova a presentare la tua vita ai nostri lettori… Sono nata a Sant’Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850, in una famiglia dalle solide tradizioni cristiane. Durante la scuola per diventare maestra elementare, al colle- gio del Sacro Cuore di Arluno in provincia di Milano, ho maturato la mia vocazione religiosa, che ho coro- nato emettendo i voti di povertà, castità e obbedienza nel 1874. Fin dall’inizio, però, volevi essere suora in un modo nuovo: consacrarti al Signore per ri- spondere alle necessità dei poveri, con un ca- risma che rispondesse ai segni dei tempi, o sbaglio? No, non sbagli. La mia giovinezza, per quanto vissuta interamente in Lombardia, regione che oggi risulta essere il traino dell’Italia e certamente una delle re- gioni dal reddito pro capite più alto del nostro paese, ai miei tempi era, specialmente nelle campagne, una regione con una povertà diffusa e una forte emigra- zione. Vedevo giocare i bambini per strada nelle poz- zanghere perché le mamme lavoravano in filanda e i papà erano emigrati all’estero; decisi allora di rispon- dere a queste sfide, fondando insieme ad alcune com- pagne la congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù che si prendesse cura di coloro che, a causa della miseria in cui vivevano, lasciavano il loro paese alla ricerca di una vita più dignitosa. La congre- gazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù è stata la prima ad affrontare l’impegno e il servizio verso i nostri emigranti, un lavoro affidato sino ad al- lora a congregazioni maschili. Questa preoccupazione, però, non l’avevi solo tu; altri nella Chiesa, proprio ai tuoi tempi, si aprivano al servizio verso gli emigranti… È vero, mons. Giovan Battista Scalabrini vescovo di Piacenza, preoccupato dalla partenza verso le Ameri- che di molte persone che svuotava intere comunità parrocchiali, fondò più o meno in quegli anni la con- gregazione dei Missionari di San Carlo Borromeo, co- nosciuti dal nome del loro fondatore come «Scalabri- GENNAIO-FEBBRAIO 2013 MC 63 a cura di Mario Bandera 4 chiacchiere con... MC RUBRICHE 8. FRANCESCA SAVERIO CABRINI Una santa nasce, cresce, si forma, sviluppa la sua fede e scopre il suo carisma in terra lom- barda; espressione genuina di quella spiritualità dell’azione che diventa originale servizio per gli emigranti italiani: erano i veri poveri del nostro paese. Negli anni successivi l’Unità d’Italia, centinaia di migliaia di persone emigrarono alla ricerca di un lavoro - specialmente in Nord e Sud America - per procurare da vivere a sé e alle proprie famiglie. Per essere al loro fianco e per svolgere meglio il suo servizio negli Usa, ella prende la cittadinanza americana, quindi nella Chiesa è la prima cittadina statunitense a essere proclamata Santa.

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