Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

44 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2013 OSSIER C os’è cambiato inTunisia dopo la rivolta che ha ro- vesciato il regime di BenAli? «Prima della rivoluzione, la vita politica del paese era nulla, quella sociale era disastrosa; e i membri dei movi- menti islamici erano in carcere. Il nuovo governo sta ri- costruendo dalle ceneri: si tratta di un processo lungo. La disoccupazione è altissima: 800mila persone, cioè il 18% della popolazione lavorativa. Ben Ali ha lasciato un paese distrutto, con un divario tra poveri e ricchi molto forte. Le zone interne della Tunisia erano state dimenti- cate dal regime, ed è da lì che è iniziata la rivoluzione. La rivoluzione tunisina non era né ideologica né politica e non era guidata da un partito particolare. È iniziata im- provvisamente e vi hanno partecipato tutti, diversi strati sociali e culturali. C’erano anche i sindacati e le associa- zioni, uniti sotto la bandiera della nazione. Lo scopo co- mune era di mandare via il dittatore. Non è stata una ri- voluzione della “fame”, anche se c’era gente affamata. Era una rivoluzione della dignità, iniziata con la protesta di un disoccupato: per i tunisini essere senza lavoro equi- vale a essere senza dignità. Quando la popolazione ha ca- pito che la situazione tunisina era causata dagli errori, dalla corruzione del governo, ha deciso che per cambiare era necessariomandare via Ben Ali, così è iniziata la ri- voluzione che in 23 giorni è riuscita a rimuoverlo. Il prezzo in termini di morti in Tunisia è stato molto ri- dotto, rispetto ad altre rivoluzioni. La nostra è stata un esempio e una spinta per l’Egitto, la Libia, lo Yemen... Dai primi giorni dopo la fuga del presidente, ci siamo trovati in una situazione nuova. È stato deciso di chiu- dere con il passato e costruire una nuova politica. La po- polazione ha chiesto di sciogliere il parlamento e di creare un comitato per riformare la costituzione, per la transizione e per andare alle elezioni». InTunisia c’è stato un cambiamento anche all’in- terno del sistema. L’esercito ha sostenuto la popola- zione in rivolta… «L’esercito è stato dalla parte del popolo, a differenza della polizia. È stato il garante della protezione della ri- voluzione tunisina: dopo la fuga di Ben Ali s’è creato un vuoto nella sicurezza, che i militari avrebbero potuto ri- empire, ma si sono rifiutati e hanno lasciato la gestione del potere alla parte civile. L’esercito ha voluto le ele- zioni e il 23 ottobre 2011 ha protetto la gente che andava a votare. L’affluenza alle urne è stata massiccia, e ha dato la vittoria al movimento en-Nahda, vietato sotto Ben Ali (i suoi militanti erano o in carcere o all’estero, esuli). La vittoria elettorale è stata del popolo, prima che di un partito». Tuttavia ci sono ancoramalcontenti emanifesta- zioni di piazza… «I tunisini chiedono una seconda rivoluzione, ma ab- biamo bisogno di unità e non di opposizione. Siamo d’ac- cordo di indire nuove elezioni per la prossima prima- vera. I media francesi hanno iniziato ad attaccare il go- verno con articoli in cui dicevano che la Tunisia è diven- tata islamica, che le minoranze cristiane ed ebree sono sparite, e che il paese è tornato indietro, che il turismo è sparito. Essi passano l’immagine di un governo sotto il giogo del salafismo. Ciò non corrisponde al vero. Oggi in Tunisia ci sono 125 partiti politici». Rivolta spontanea, pilotata o preparata da un’élite? «Il 14 dicembre 2010 tutte le forze ribelli si sono incon- trate insieme. La rivoluzione non è stata preparata in la- boratorio, scientificamente, ma è stata spontanea». Quali sono i problemi che deve affrontare il governo post-rivoluzione? «Siamo alle prese con grandi problemi. Le nostre élite intellettuali purtroppo non avevano elaborato un’ideolo- gia o un pensiero sulla modernità. Non c’è unanimità sul concetto di “democrazia” e neanche sullo stesso pro- cesso democratico. Non abbiamo un retroterra cultu- rale come è stato per le vecchie rivoluzioni europee. Ab- biamo avuto migliaia di attivisti, di tutte le provenienze politiche e ideologiche - islamici, nazionalisti, marxisti, ecc. - che tuttavia non hanno avuto egemonia rivoluzio- naria sul popolo. Durante la rivoluzione, infatti, la gente, le masse, hanno scavalcato le avanguardie. Dopo i tra- gici fatti di Sidi Bouzid, nel dicembre del 2010, la popola- zione è scesa in piazza. TUNISIA: UNA DIFFICILE TRANSIZIONE DAL CARCERE AL POTERE DI A NGELA L ANO Ajmi Lourimi, filosofo e attivista dei diritti umani, è stato in carcere durante la dittatura di Ben Ali. Membro di en-Nahda, Lourimi spiega e difende l’azione del nuovo governo. © Angela Lano

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