Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2013

messaggio augurale ufficiale, pubblicato ogni anno per l’occa- sione dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Già ai tempi di Man-sok-dong a- vevo avuto la possibilità di avvici- nare qualche mu-dang (donna sciamana) e di assistere a qual- cuno dei loro rumorosissimi riti. Così pure, fin dal nostro arrivo in Corea, avevamo visitato numero- si templi buddisti, meraviglian- doci al vedere una religione «vi- va» che guidava la vita di milioni di persone. Il grande sogno d’incontrare le religioni non cristiane del paese, coltivato ancor prima di arrivare in Corea, pur sempre vivo, era stato a lungo dilazionato a causa di altre necessità della nostra missione, così come si stava svi- luppando. Solo padre Antonio, arrivato con la seconda ondata, dotato di sensibilità particolare in questo campo, intrecciava le prime relazioni con monaci bud- disti e membri di altre religioni. Ma a dare la carica fu la visita di padre Alberto Trevisiol, allora vi- ce superiore generale: in un FINALMENTE, GLI «ALTRI» «Mi rifugio nel santo Buddha, mi rifugio nella santa dottrina, mi rifugio nella santa comunità dei monaci». È la classica «profes- sione di fede» buddista, cantile- nata al ritmo del mok-tak (un tamburello di legno concavo) dalla monaca che guida la solen- ne celebrazione, mentre l’intera assemblea si profonde in rispet- tosi inchini a ogni invocazione. Sono alla cerimonia pubblica per la festa della nascita di Buddha; vi partecipo su esplicito invito del vescovo di Tae-jon, mons. Ryu Lazzaro, che porta alla co- munità buddista gli auguri della Chiesa cattolica. I molti monaci, di vari ordini buddisti, e la gran- de folla ascoltano con attenzione quando il vescovo legge loro il nuovo discernimento fu deciso di assumere il dialogo interreligio- so come dimensione costitutiva della nostra missione in Corea, espressione chiara del nostro essere «per i non cristiani». Cor- reva l’anno di grazia 1995. La decisione formale, però, pri- ma di diventare effettiva, ebbe bisogno di un lungo iter di pre- parazione. Accompagnando An- tonio, che aveva cominciato a studiare Religioni Comparate al- l’Università cattolica di So-gang, cominciai anch’io a frequentare gli «altri», a partecipare a semi- nari di presentazione delle varie religioni per capire meglio la lo- ro fede e vita, a «pellegrinaggi interreligiosi» per visitare i loro luoghi sacri, a tessere relazioni con i fedeli delle «religioni dei nostri vicini», come si chiamano in Corea le «religioni non cristia- ne», espressione molto signifi- cativa. Fu costruito un piccolo centro per il dialogo interreligioso a Ok- kil-dong, non lontano dalla base di Yok-kok, completato e inaugu- rato nell’aprile del 1999 dal no- stro vescovo, mons. McNaugh- ton, alla presenza del nunzio, mons. Morandini, con la parteci- pazione di amici di diverse tradi- zioni religiose e di un buon nu- mero di Amici Imc. Era nata la terza presenza della nostra mis- sione in Corea. Dopo un primo periodo esaltan- te, pieno di incontri e attività, grazie anche alla «Catena della pace», gruppo di dialogo di can- didati leaders religiosi, che ave- va preso il nostro centro come loro base di operazioni, seguì un periodo di delusione e fatica: la Catena della pace sciolta, ci fu qualche crisi vocazionale inter- na... ma non abbiamo mai mol- MC ARTICOLI

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