Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

strutture edificate con blocchetti di cemento e con mattoni cotti in fornace. Tecnica che gli indigeni hanno appreso dai missionari genovesi. Ma il lavoro edilizio realizzato dai frati cappuccini è davvero poca cosa rispetto a quanto realizzato nell’ambito dell’evangelizzazione, che ha condotto all’edificazione di una solida chiesa spirituale e mate- riale, cresciuta nella fede e nella pratica religiosa. A questo va ag- giunta una fervida attività cultu- rale e didattica finalizzata al re- cupero delle antiche tradizioni delle comunità locali. LA LUNGA STORIA DI UN PRE- STIGIOSO MUSEO Si spiega così, in parte, la lunga e affascinante storia della mis- sione e del Museo di Bouar che prende avvio con l’arrivo di Padre Umberto Vallarino, giunto in Centrafrica nel 1952, assieme ad uno sparuto drappello di missio- nari. Allora la colonia era suddi- visa in Regioni, e queste in Di- stretti. Ogni distretto abbrac- ciava un ampio territorio e com- prendeva gruppi di villaggi della stessa etnia, guidati da un Chef Canton (capo cantone). Fin dai primi anni della sua presenza, durata più di mezzo secolo, si dedicò alla conoscenza della poca storia dei popoli con cui vi- veva. Scrisse e pubblicò per que- sto alcuni importanti “quaderni” di storia locale e raccolse anche un ricchissimo patrimonio di og- getti antichi d’inestimabile va- lore etnografico, legati alle tradi- zioni ed alla vita degli antenati. Materiale prelevato direttamente nei vari siti dove gli anziani del villaggio, i “bakoro”, dicevano che, in altri tempi, si svolgeva la vita dei loro antenati. Special- mente nelle caverne delle alture sacre. Sotto loro suggerimento raccolse oggetti: idoli in pietra e legno, forni per fondere il ferro, antichi pezzi di ferro che servi- vano come monete, armi forgiate da loro stessi, frecce, lance, ami e coltelli. Classificò con l’aiuto di questi anziani ogni oggetto se- condo la razza che lo usava e il luogo geografico di provenienza. Ogni pezzo portava il suo nome originale nelle varie lingue delle tribù ed etnie locali. Si trovò così ad avere una quantità di esem- plari dello stesso oggetto con moltissime varianti nella forma e particolarità che ne descrivono l’utilizzazione secondo le varie etnie. Consultò alcuni etnologi 24 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2012 CENTRAFRICA # Sopra: due immagini della sala delle armi. | Qui accanto: due delle tante statuette di legno che arric- chiscono il museo. | Nelle pagine se- guenti: maschere ri- tuali e un’altra inte- ressante statuetta sullo sfondo di fasci di lance di varie fogge.

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