Missioni Consolata - Ottobre 2011

DAI LETTORI Cari mission@ri quello che farebbero i Thai se solo ne avessero la possibilità. Non vedere la realtà di corruzione, nepotismo, sfruttamento e incapacità di evolvere da parte delle élite come della popola- zione, implica delle scel- te, avere delle ragioni che non necessariamente devono essere condivise. Quando mi si chiederà di scrivere un pezzo non sulle problematiche ma sulla bontà del paese lo farò volentieri. Io ci vivo, in Thailandia, e ne amo la gente. Se per lavoro, status e carattere non sono autorizzato a “sparare a zero” su di es- sa, nemmeno posso ac- cettare la pretesa che si A PROPOSITO DI THAILANDIA Buon giorno, sono quell’Andrea Pana- taro che avete ospitato, con lettera e foto, nel nu- mero di marzo 2009 col titolo “Pallottole invece di medicine”. Conosco la Thailandia dal 1993, ci a- bito almeno 4 mesi all’an- no, mi ha dato un nuovo modo di pensare, una moglie capoinfermiera o- stetrica, un’attività uma- nitaria (vedi mia lettera marzo 2009) e tantissimo altro. Conosco il Paese come pochi altri farang (stranieri) , sotto tutti gli aspetti. Non condivido del tutto l’analisi del sig. Vecchia, che dipinge il paese come preda di una dittatura d’élite. Non è cosi. Nel paese non vi è, come da noi, oppressione fiscale nei confronti dei piccoli e piccolissimi operatori, ri- storantini ecc., la vita non è cara neppure per loro e lo sanno benissimo, la scolarità è diffusa anche nei villaggi minori, la sa- nità è gratuita per tutti e costa poco anche per me che sono italiano, i tra- sporti di base sono capil- lari e il treno in 3 classe è gratis per i Thai. Questa è la realtà, constatata da anni con i miei occhi at- tenti ad ogni aspetto del Paese. Invece, quello che proprio non condivido è l’immagi- ne di paese di prostituzio- ne che il Vecchia dipinge. In 18 anni, io non ho mai potuto constatare un fatto del genere, e non sono u- no sprovveduto, ho girato il mondo dall’età di 22 an- ni. Esistono sì un paio di strade a luci rosse a Bangkok, frequentate da turistucoli e da vecchi de- ficienti, così come esisto- no pure anche ad Amster- dam e in tante altre città del mondo. Non parliamo poi delle nostre città ita- liane, di sera invase da prostitute e trans d’ogni genere. E non scordiamo soprattutto che da noi, u- nico paese al mondo, la prostituzione, anche mi- norile, vede coinvolte le più alte cariche del go- verno, come i processi at- tualmente in corso testi- moniano. Il luogo comune Thailan- dia=puttane è vecchio, falso e stantio come quel- lo che dice Italiani=spa- ghetti e mandolino. E se poi fosse anche vero, po- trà o no una donna adulta fare ciò che crede del suo corpo senza che, con spi- rito talebano, qualcuno vada a ficcare il naso in u- na cultura tanto diversa dalla nostra? Mi sento of- feso nel sentire e leggere cose non vere nei con- fronti di un paese che a- mo profondamente, ed è giusto in ogni caso, dopo l’accusa, ascoltare la di- fesa. Cordialmente. Andrea Panataro Biella, 13 /6/2011 Nessun problema per la controanalisi del signor Panataro, con il quale non voglio entrare in po- lemica. Lui è libero di ve- dere e credere quello che vuole o può, come lo sono io di valutare (e come me organizzazioni interna- zionali, gruppi per la di- fesa dei diritti civili e u- mani, società civile loca- le) il bene e il male del paese e scriverne, che è 2 MC OTTOBRE 2011 EL CAVAGNIN Parlando di fame ci sembra che questa vecchia poesia piemontese che abbiamo imparato dai nostri anziani abbia un messaggio sempre attuale. Marcella e Ottavio Losana (Torino) Tanta gent an sij prà per ascotete. L’han desmentià ij sagrin. L’han pà daje da ment gnanca a la fam. «Lassie ch’a vado a serchè da mangè». «Dejne voiàutri!», it l’has dije a j’apòstoj. L’han vardate ancantà. L’han date un cavagnin: La marenda d’un cit… per tanta gent! It l’has pregà sotvos vardand el cel. «Feje setè e dejne un pòch a pr’un». Tuti spòrsu la man E tuti ‘t n’han assè. E ‘l cavagnin del cit l’è sempe pien. Varda, Nosgnor, le man ch’a s’ausso a ti con tanta fiusa. J’è tanta gent ancheuj ch’a meuir ed fam. It sesto pì nen bon a fè ‘l miraco? «Lo seve bin che mi son sempe pront, ma l’è da tant ch’i speto ‘l cavagnin: la marenda d’un cit per tanta pòvra gent ch’a meuir ed fam». Tanta gente sui prati per ascoltarti. Hanno dimenticato gli affanni. Non hanno badato nemmeno alla fame «Lasciali andare a cercare da mangiare» «Dategliene voi!», hai detto agli apostoli. Ti hanno guardato incantati. Ti hanno dato un cestino: La merenda di un bambino… per tanta gente. Hai pregato sottovoce guardando il cielo. «Fateli sedere e dategliene un po’ per uno». Tutti porgono la mano. E tutti ne hanno a sufficienza. E il cestino del bambino è sempre pieno. Guarda, nostro Signore, le mani che si alzano a te con tanta fiducia. C’è tanta gente oggi che muore di fame. Non sei più capace a fare i miracoli? «Ben sapete che io son sempre pronto, ma è da tanto che aspetto il cestino: la merenda di un bambino per tanta povera gente che muore di fame». Continua a pag. 5

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