Missioni Consolata - Maggio 2011

LIBANO 62 MC MAGGIO 2011 anni; i secondi hanno documenti (con scadenza annuale), ma non risultano nell’elenco dei profu- ghi, mentre gli ultimi sono per- sone inesistenti per il governo del Libano. UN KM QUADRATO PER 25MILA Proseguiamo il nostro viaggio tra i campi. Burj el-Barajneh è un luogo inquietante: una gabbia di un km quadrato per 25mila esseri umani che vivono sotto un vasto reticolato di fili elettrici e tubi per l’acqua pericolosamente intrecciati sopra le loro teste. Vi- sitiamo la Al Ghawth, Humanita- rian Relief for development so- ciety , un’associazione caritate- vole - una delle tante, dentro e fuori dai campi - che si occupa del sostegno agli orfani, di ado- zioni a distanza, assistenza me- dico-sanitaria attraverso diversi ambulatori e centri per disabili, e di formazione professionale. Parallelamente all’erogazione dei molti, troppi, servizi che il governo libanese non garanti- sce, il centro ha promosso un progetto di microcredito per svi- luppare piccole attività commer- ciali, in modo da rendere la gente più autonoma e meno di- pendente dall’assistenza. I nostri ospiti ci portano nell’a- silo da loro gestito: sono diverse classi di bambini in età tra i tre e i cinque anni. I piccoli ci accol- gono sorridenti, intonando teneri cori di benvenuto. Continuiamo il giro per i vicoli del campo, attraversando vere e proprie foreste di cavi e tubi, che ogni mese, spiegano gli abitanti, provocano la morte per folgora- zione di ragazzini e adulti. Fango, immondizia e assenza di una qualsiasi forma di raccolta dei rifiuti contribuiscono a creare un clima insalubre in tutta l’area. Entriamo nella sede del Comi- tato popolare: è un’istituzione attiva in tutti i campi profughi e rappresenta tutte le forze politi- che palestinesi. Essa ha lo scopo di tutelare la sicurezza, arre- stando i criminali e consegnan- doli alla polizia libanese, e di mediare i conflitti interni. «I nostri diritti civili e di pro- prietà non esistono - ci spiega uno dei responsabili -. Non pos- siamo comprare immobili e la costruzione delle abitazioni si sviluppa in verticale, con finestre che si specchiano in altre, ne- gando ogni privacy e creando tensioni tra vicini di casa. Non abbiamo il permesso neanche di allacciare la corrente e l’acqua, ed è per questo che ci sono ra- gnatele di fili dovunque. La quantità di energia elettrica con- cessa dal governo libanese è ri- masta invariata rispetto a de- cenni fa, quando l’area era meno popolata. Ogni 48 ore le famiglie hanno diritto a mezz’ora per riempire serbatoi da 200 litri. Questo avviene in condizioni nor- mali, ma quando manca la cor- rente per le pompe, si rimane a secco. Inoltre, l’acqua contiene il 60% di sale e per essere bevuta necessita di filtri, che non sono forniti dalle autorità libanesi, ma devono essere comprati da pri- vati. Pochi, dunque, possono permetterseli». Discriminazione professionale: «Noi palestinesi siamo autoriz- zati dallo stato libanese a svol- gere soltanto alcune professioni, prevalentemente umili. Ben 72 ci sono proibite - tra cui quelle del medico, ingegnere, architetto… La maggior parte di noi lavora nei campi, occupandosi di pic- cole attività di commercio, o come manovale, in nero e mal pagato. Non ci sono contributi previdenziali e assicurativi. Per ciò che riguarda l’educa- zione scolastica, l’Unrwa garan- tisce la primaria, le medie e le superiori. Le aule sono poche e sovraffollate, e spesso il livello di preparazione non è adeguato. Qui a Beirut ci sono 65mila stu- denti e una sola scuola supe- riore. L’università è a pagamento e chi non ottiene le borse di studio, non può accedervi: su 500 che passano l’esame di maturità, soltanto 100 trovano posto. La maggioranza è costretta ad ab- bandonare gli studi. Prima del 1982 (l’invasione israeliana del Libano), il 90% dei palestinesi si iscriveva all’uni- versità. Dall’83 in poi, a causa delle continue e prolungate chiusure delle scuole, sono ini- ziati i problemi, e la mancanza delle rimesse dall’estero, so- prattutto dai paesi del Golfo, dopo il 1990 (prima guerra del Golfo), ha notevolmente impove- rito i profughi. Per tutti noi que- sta è una vita piena di rinunce». MALA-SANITÀ? Entriamo nell’ospedale Haifa, uno dei cinque istituiti nei campi profughi in Libano. È una strut- tura della Mezzaluna Rossa pa- lestinese, appartenente all’Olp (l’Organizzazione per la libera- zione della Palestina) e finan- ziata dall’Unione Europea, con 42 posti letto destinati a circa 50mila palestinesi. Il direttore dell’ospedale ci spiega che i bambini soffrono di problemi gastro-intestinali cau- sati dall’alta concentrazione di sale nell’acqua, di allergie e ma- lattie polmonari provocate dal- l’umidità e dall’aria malsana. Molto alta è la percentuale di # A fianco : «ragnatele» di fili nel campo Burj el-Barajneh. Pagina a fianco : un venditore di verdura e bimbi giocano in un vicolo del campo.

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