Missioni Consolata - Maggio 2011

MC NEI SANDALI DI PIETRO MAGGIO 2011 MC 41 dità della maggioranza degli abitanti dell’Africa. Sono tradizioni aperte al vangelo, aperte alla verità»; e più avanti: «I figli e le figlie dell’Africa amano la vita». Questo rispetto sincero per le tradizioni locali era ti- pico di Giovanni Paolo II e può essere apprezzato a pieno se pensiamo alla sue radici culturali. Era nato e cresciuto in Polonia, in tempi veramente difficili per il suo paese; costretto a fronteggiare le sfide lanciate in molti modi dalle più crudeli e più inumane dittature sperimentate nel secolo scorso: nazismo e comuni- smo; entrambe imbevute della cultura dell’oppres- sione e della morte. Proprio perché fedele alle sue ra- dici polacche, papa Wojtyla riuscì a diventare il pa- store universale della chiesa universale, totalmente dedicato a proclamare un vangelo universale di sal- vezza. Molti cercano di sottolineare il fatto che egli era di nazionalità polacca, come se questo elemento fosse un limite alla sua personalità. Egli era veramente po- lacco, ma tale aspetto non costituiva un motivo di chiusura ad altre esperienze; anzi, la sua nazionalità fu uno strumento che lo rese capace di aprirsi a diffe- renti culture e tradizioni. L’orgoglio per le sue radici lo fece capace di capire l’importanza vitale delle ra- dici di altre tradizioni. Proprio questo egli voleva vedere in Africa: apertura all’universalità, ma a partire dalle radici profonde delle secolari tradizioni religiose, che egli giudicò in modo positivo, riconoscendo in esse il «seme della pa- rola di Dio», come afferma il Concilio Vaticano II. E ciò che gli piaceva dell’Africa era «l’amore per la vita», che egli sperimentò in tantissime manifesta- zioni di gioia e di rispetto, nell’entusiasmo e nell’acco- glienza espressi in modo così lontano dall’«egoismo dei ricchi»; un egoismo contagioso, che potrebbe por- tare l’Africa ad accettare e favorire pratiche ostili alla vita. Un concetto questo ribadito spesso e riportato anche nella lettera apostolica Ecclesia in Africa : «Io vi lan- cio una sfida oggi, una sfida che consiste nel rigettare un modo di vivere che non corrisponde al meglio delle vostre tradizioni locali e della fede cristiana. Molte persone in Africa guardano al di là dell’Africa, verso la cosiddetta “libertà del modo di vivere mo- derno”. Oggi io vi raccomando caldamente di guar- dare in voi stessi. Guardate alle ricchezze delle vostre tradizioni, guardate alla fede che abbiamo celebrato in questa assemblea. Là voi troverete la vera libertà, là troverete il Cristo che vi condurrà alla verità» (48). Verso la fine della sua omelia per l’apertura del Si- nodo, il Papa concluse con questa esortazione: «Africa, gioisci nel Signore». Nell’omelia per la chiu- sura del Sinodo egli menzionò ancora «la gioia del po- polo di Dio, che porta freschezza così vivace in ogni celebrazione liturgica», e finì con questa acclama- zione: «Africa, l’eterno Padre ti ama; Cristo ti ama! Rimani in questo amore». Come non riconoscere lo spirito africano in queste frasi? Bisogna essere orgogliosi di essere figli e figlie di questa generosa madre, il continente africano. So che lo siete e so che insieme a voi il Santo Padre è stato orgoglioso e felice di essere «Giovanni Paolo l’A- fricano». Mzee Mwenda Visita di Giovanni Paolo II in Lesotho (1988). Liturgia della parola in rito etiopico, durante la messa di chiusura del Sinodo per l’Africa (1994).

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