Missioni Consolata - Maggio 2011

MAGGIO 2011 MC 37 MC NEI SANDALI DI PIETRO T ra i milioni di persone accorse a Roma per dare l’ultimo saluto a Giovanni Paolo II (2-8 aprile 2005) c’erano anche mi- gliaia di persone di varie confessioni cri- stiane e capi di differenti fedi religiose: non c’è dubbio che, agli occhi del mondo, in papa Wojtyla era scomparso un uomo che aveva speso la sua vita per promuovere l’unità e la pace. Se il suo messaggio di unità era evidente al momento della morte, non era stato altrettanto compreso men- tre il papa era ancora vivo. In realtà, Giovanni Paolo II era guardato con opposti sentimenti in fatto di ecumenismo, cioè l’impegno per portare tutte le chiese cristiane all’unità piena e visibile. Alcuni con- siderano negativamente i suoi 27 anni di cammino ecumenico, caratterizzato, secondo loro da crisi, ri- tardi, lentezze e immobilità. Da parte sua, conoscendo bene la critica di coloro che, forse troppo ingenui, si aspettavano una facile riunificazione mediante compromessi, Giovanni Paolo II parlava di fiducia, pazienza, perseveranza, dialogo e speranza che devono caratterizzare il movi- mento ecumenico. Queste sono le parole chiave della sua enciclica Ut unum sint , destinata a mantenere salda la Chiesa cattolica nel suo cammino e nel suo impegno verso l’unità piena e visibile con le altre chiese cristiane. In tale enciclica egli insegna con chiarezza: «Il movimento a favore dell’unità dei cri- stiani, non è soltanto una qualche “appendice”, che s’aggiunge all’attività tradizionale della Chiesa. Al contrario, esso appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione e deve, di conseguenza, perva- dere questo insieme ed essere come il frutto di un al- bero che, sano e rigoglioso, cresce fino a raggiungere il suo pieno sviluppo» (Uus 20). CONTRIBUTI ALL’ECUMENISMO Giovanni Paolo II riprese gli impegni ecumenici da dove li aveva lasciati Paolo VI e li sviluppò ulterior- mente. Nella costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno 1988), papa Wojtyla cambiò il Segreta- riato per la promozione dell’unità dei cristiani (stabi- lito da Paolo VI subito dopo il Concilio) in Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (Pcpuc), conferendogli maggiore stabilità e respon- sabilità, entrato in vigore il 1° marzo del 1989. Nelle sue intenzioni, il Pontificio consiglio doveva avere un duplice ruolo: prima di tutto il compito di promuovere nella Chiesa cattolica un autentico spi- rito ecumenico, in linea con il decreto Unitatis redin- tegratio del Concilio Vaticano II. A tale scopo era stato pubblicato un Direttorio ecumenico nel 1967- 1970; aggiornato nel 1993 col titolo Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecume- nismo ; nel 1995 fu promulgata l’enciclica Ut unum sint per tenere fermamente la Chiesa cattolica sul sentiero dell’unità cristiana piena e visibile. In secondo luogo, il Pontificio consiglio, secondo il vo- lere del papa Wojtyla, aveva lo scopo di sviluppare il dialogo e la collaborazione con le altre Chiese cri- stiane nel mondo. Fin dalla sua creazione, il Pontifi- cio consiglio stabilì anche una cordiale cooperazione con il Consiglio mondiale delle chiese (Cmc), il cui quartiere generale è a Ginevra. Dal 1968, 12 teologi «L’impegno della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico è irreversibile... è una delle priorità pastorali» del suo pontificato: lo ha detto spesso Giovanni Paolo II e lo ha realizzato concretamente con l’attività magisteriale, pastorale, spirituale. Una Chiesa a due polmoni L’ECUMENISMO NEL MINISTERO DI GIOVANNI PAOLO II Incontro di Giovanni Paolo II con il primate della Comunione anglicana, Robert Runcie.

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