Missioni Consolata - Maggio 2011

di comunione» si rafforza con «il dialogo di vita e cuore» con tutte le religioni ( Ecclesia in Asia 13.31). L’invito a guardare lontano e navigare al largo non si limita alle parole, ma è accompagnato da gesti au- daci, come l’abbraccio con l’ebraismo culminato nel suo pellegrinaggio in Terra Santa (2000) e la solida- rietà con l’«islam autentico», culminata nella visita, per la prima volta, a una moschea a Damasco (2001). Riportando il suo pellegrinaggio in Terra Santa, un settimanale inglese definisce Giovanni Paolo II «un Papa per tutti i popoli, capace di portare messaggi distinti alla Terra Santa per i suoi inquieti ascoltatori ebrei, musulmani e cristiani e tutti sono stati lieti di ascoltarlo» ( The Economist 25/3/2000). Sulla stessa lunghezza d’onda è il concerto organiz- zato in Vaticano il 17 gennaio 2004, dedicato alla «Ri- conciliazione tra ebrei, cristiani e musulmani»; un in- contro, come spiega il Papa stesso «per dare con- creta espressione a questo impegno di riconcilia- zione, affidandolo all’universale messaggio della mu- sica... Non possiamo accettare che la terra sia afflitta dall’odio» ( Osservatore Romano 18/1/2004). Una spinta verso il largo è pure l’invito alla purifica- zione evangelica della memoria che il papa Wojtyla ha rivolto a tutti i cristiani in preparazione del Giubi- leo del 2000. Il percorso è culminato con il celebre « mea culpa » pronunciato in San Pietro il 12 marzo del 2000, con le 7 richieste di perdono per gli errori compiuti da cristiani e da uomini di chiesa anche rappresentativi, nella persecuzione degli eretici, nei rapporti con gli ebrei, contro la pace e i diritti dei po- poli, contro la donna e l’unità del genere umano, con- tro i diritti fondamentali della persona. È noto come non tutti i suoi collaboratori fossero d’accordo con un simile gesto, quasi che fare atto di pentimento signi- ficasse «dare ragione agli avversari della religione». Ma Giovanni Paolo II ha proseguito tenacemente chiesa, che ha duemila anni: essendo giovani nella fede, dovete essere come i primi cristiani e irradiare entusiasmo e coraggio, in generosa dedizione a Dio e al prossimo... E sarete anche fermento di spirito mis- sionario per le chiese più antiche» (RM 91). Antiche e giovani chiese, in tutti i continenti, devono partecipare alla stessa missione ad gentes , fuori dei propri confini. «La chiesa in America» esorta papa Wojtyla, deve «rimanere aperta alla missione ad gen- tes ... non può limitarsi a rivitalizzare la fede dei cre- denti abitudinari, ma deve cercare anche di annun- ciare Cristo negli ambienti nei quali è sconosciuto... estendere lo slancio evangelizzatore oltre le frontiere continentali... Sarebbe un errore non favorire un’atti- vità evangelizzatrice fuori del Continente con il pre- testo che c’è ancora molto da fare in America o nel- l’attesa di giungere prima a una situazione, in fondo utopica, di piena realizzazione della chiesa in Ame- rica» ( Ecclesia in America 74). La stessa esortazione è rivolta alle giovani chiese nel continente asiatico. «Nel contesto della comunione della Chiesa universale, non posso non invitare la chiesa in Asia a inviare missionari, anche se essa stessa ha bisogno di operai nella vigna. Sono lieto di constatare che sono stati recentemente fondati isti- tuti missionari di vita apostolica in diversi paesi del- l’Asia come riconoscimento del carattere missionario della chiesa e della responsabilità delle chiese parti- colari in Asia di annunciare il Vangelo in tutto il mondo» ( Ecclesia in Asia 44). «GUARDARE E ANDARE AL LARGO» A metà degli anni ‘80, Giovanni Paolo II intraprende una serie d’iniziative ispirate, allo scopo di allargare sempre più gli orizzonti della sua missione alle genti, come scrive nell’enciclica Dominum et vivificantem : «Nella prospettiva del terzo millennio, dobbiamo an- che guardare più ampiamente e andare al largo, sa- pendo che il vento soffia dove vuole» (53). Alcuni gesti sono eclatanti, come la visita alla sina- goga di Roma nell’aprile 1986 e la giornata di pre- ghiera e di digiuno per la pace che si tiene ad Assisi nell’ottobre 1986, con la partecipazione di tutte le principali religioni del mondo. Ricordando quell’e- vento, 13 anni dopo, ne sottolinea il significato: «Il memorabile incontro ad Assisi, la città di san Fran- cesco, il 27 ottobre 1986, tra la Chiesa cattolica e i rappresentanti delle altre religioni mondiali dimo- stra che gli uomini e le donne di religione, senza ab- bandonare le rispettive tradizioni, possono tuttavia impegnarsi nella preghiera e operare per la pace e il bene dell’umanità» ( Ecclesia in Asia 31). «Il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa» scrive nella Redemp- toris missio (55); egli è fermamente convinto che la Chiesa è istituita per stabilire non solo la «comu- nione tra Dio e l’umanità, ma anche tra tutti gli es- seri umani»; essa è chiamata a promuovere l’unità e la concordia tra tutti i popoli e tale «spirito di unità e MC NEI SANDALI DI PIETRO Assisi 27 ottobre 1986: alcuni capi delle religioni mondiali, partecipanti alla «Giornata di preghiera e digiuno per la pace» indetta da Giovanni Paolo II.

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