Missioni Consolata - Maggio 2011

BURUNDI 16 MC MAGGIO 2011 BURUNDI: DOPO 15 ANNI DI GUERRA, UNA PACE INSTABILE OMBRE SULLA PACE I massacri della guerra civile burundese restano impuniti. E gli abitanti di uno dei più piccoli paesi d’Africa continuano a vivere nell’incertezza per il futuro. La terra, unica risorsa del paese, inizia a scarseggiare. Le elezioni del 2010 sono boicottate dall’opposizione. E ritorna il fantasma dei «ribelli» sulle mille colline. I l piccolo paese centro africano, sta tentando, con difficoltà, di camminare sulla via della riconcilia- zione. Dalla sua indipendenza (1962) dal protetto- rato belga, il Burundi era stato dominato da un gruppo di tutsi, minoranza etnica (14% rispetto all’85% di hutu) e aveva già visto la sua storia segnata da ricorrenti massacri (1964, 1972, 1988). Nel giugno 1993 si tengono le prime elezioni libere, che sono vinte a grande maggioranza dagli hutu. Mel- chior Ndadaye è il primo presidente hutu del paese. Ma la transizione si rivela difficile, i tutsi sono in tutti i posti chiave dell’amministrazione del paese e hanno in mano l’esercito. Tre mesi dopo il neo presidente è assassinato e iniziano i massacri che porteranno a 300.000 morti, un milione di sfollati e rifugiati nei paesi confinanti (sui 6,8 milioni di abitanti di allora) e a tre lustri di guerra civile. Storia meno nota del ge- nocidio rwandese, ma altrettanto terribile. Le ucci- sioni di massa nel vicino Rwanda si innescano nell’a- prile del ‘94, quando l’aereo su cui viaggiano i presi- denti di Rwanda e Burundi viene, misteriosamente, abbattuto. Oggi, sei alti funzionari rwandesi, vicini al presidente Paul Kagame (all’epoca ufficiali del suo esercito) sono sotto inchiesta per il fatto. La comunità internazionale si impegna nella difficile mediazione burundese. Anche Julius Nyerere prima e (soprattutto) Nelson Mandela poi sono coinvolti in prima persona. Nell’agosto 2000 sono firmati gli ac- cordi di Arusha (Tanzania), che prevedono una divi- sione in base alla percentuale etnica nelle istituzioni dello stato, compreso l’esercito, da sempre in mano ai tutsi. Ma la guerra continua. S olo a fine 2003, con gli accordi di Pretoria (Suda- frica), si arriva a un cessate il fuoco “quasi” ge- nerale. Sul terreno restano i ribelli del Fronte nazionale di liberazione (Fnl), che scenderanno a patti nel 2008, diventando partito politico l’anno suc- cessivo. Nel 2005 le elezioni generali (presidenza, par- lamento, amministrative) vedono la vittoria del par- tito di ex ribelli Cndd-Fdd (Consiglio nazionale per la difesa della democrazia – Forze per la difesa della de- mocrazia). Pierre Nkurunziza, uno dei leader , diventa presidente. Il primo vice presidente è invece un tutsi. Vengono rispettate le quote etniche e tutti i partiti si attrezzano per avere nei propri ranghi hutu e tutsi e cancellare i nomi a sfondo etnico. Viene promulgata la nuova Costituzione. «Ormai la connotazione non è più etnica – raccontava una giornalista burundese prima delle ultime elezioni – si parla più in termini di partiti politici, al potere e all’opposizione». A lla firma di Pretoria gli sfollati sono ancora 100.000, mentre dal 2002 ad oggi sono 360.000 i rifugiati in Tanzania che rientrano nel paese, secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Oggi sarebbero ancora 100.000 a dover rien- trare. In un paese di 27.000 km 2 , con una popolazione di 8 milioni di abitanti, questo enorme afflusso ha ulterior- mente aggravato il problema principale: la terra. La densità di popolazione, oltre 290 abitanti a km 2 , è una delle più alte del continente. «La terra è la questione fondamentale di questo paese. Con due stagioni delle piogge, un suolo fertile e bagnato da diversi fiumi, il Burundi è sempre verdeg- giante. Ma la produzione alimentare non arriva a sod- disfare tutte le bocche da sfamare. Il padre di famiglia divide il suo appezzamento tra i figli maschi e questa divisione sta provocando una “polverizzazione” delle parcelle. Senza contare che i rifugiati rientrati hanno bisogno di terra per coltivare». Spiega un analista esperto del paese. E lezioni «imbrogliate». Il 24 maggio 2010 le ele- zioni amministrative vedono vincere il partito al potere con il 64% dei voti. Gli osservatori nazio- nali e internazionali rivelano «irregolarità», ma giudi- cano la consultazione valida nel suo insieme. I brogli

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