Missioni Consolata - Febbraio 2011

che può essere interpretata come un’apertura nei confronti di Ouattara. I leader religiosi la- vorano per il dialogo. Tre arcive- scovi guidati dal presidente della Conferenza episcopale, monsi- gnor Joseph Aké, si sono recati da Gbagbo invitando a lasciare spazio ai negoziati. Esponenti musulmani e di altre fedi hanno seguito la stessa strada sottoli- neando che nessuno vuole che il Paese precipiti nuovamente in un conflitto interno. ECONOMIA IN DIFFICOLTÀ La prima vittima di questa crisi politica è il sistema economico. Già duramente messa alla prova dalla rivolta del 2002, l’economia ivoriana stava lentamente ri- prendendo. Il tasso di crescita del Pil era aumentato del 3,6% dal 2008 al 2009. Nei primi giorni di dicembre, però, l’esito incerto delle elezioni (che ha causato un blocco decisionale e ha portato con sé anche il coprifuoco per gran parte della giornata) ha di Ouattara fa lo stesso e giura so- lennemente in una cerimonia che si è tenuta all’Hotel du Golf, un prestigioso albergo di Abidjan (dove Ouattara risiede, protetto dai caschi blu dell’Onu). Nazioni Unite, Unione africana e Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) riconoscono la vittoria di Ouat- tara. Lo stesso fa la Francia e gli Stati Uniti. CRISI La tensione sale alle stelle. Si registrano ben presto scontri tra i sostenitori dei due presidenti. Almeno 179 morti e centinaia di feriti in pochi giorni. Mentre l’Alto commissariato ai diritti umani dell’Onu denuncia violazioni massive e casi di rapi- menti notturni e uccisioni selet- tive, ad opera delle Forze di di- fesa e di sicurezza (Fds), corpo militare fedele a Gbagbo. Nei giorni successivi la pres- sione internazionale su Gbagbo diventa forte. Una dichiarazione fatto rallentato ogni attività. Il 14 dicembre 130 camion prove- nienti da Mali e Burkina Faso (paesi senza sbocco al mare e che si servono dei porti ivoriani) erano fermi al porto di Abidjan in attesa che le merci venissero scaricate e imbarcate sui mer- cantili. I negozi, ma anche le banche, gli uffici e molte fabbri- che erano chiuse o marciavano a rilento. I prezzi di molti beni di prima necessità sono aumentati del 50%. Anche il settore del ca- cao (che rappresenta il 40% delle esportazioni e il 10% del Pil), già in difficoltà per la disor- ganizzazione della filiera e la corruzione dilagante, ne sta ri- sentendo. L’incertezza politica rischia di far chiudere molte aziende e di allontanare gli inve- stimenti stranieri. Il 20 dicembre l’Unione europea dà seguito all’ultimatum e de- cide sanzioni contro Gbagbo, sua moglie Simone, e persone a loro fedeli, tra cui il presidente del Consiglio costituzionale e il di- rettore della Radio Televisione e alte cariche dell’esercito. Si attende una decisione del Consiglio di sicurezza delle Na- zioni Unite sul rinnovo della mis- sione Onuci (10.000 caschi blu e 900 francesi), che l’auto procla- mato presidente Gbabgo vuole mettere alla porta. Al momento in cui il giornale viene inviato in tipografia la si- tuazione nel Paese è ancora confusa. La mediazione dell'ex presidente nigeriano Olesugun Obasanjo e quella degli inviati della Cedeao non hanno sortito effetti. Gbagbo non cede, nono- stante le pressioni internazio- nali. Gli scontri tra sostenitori dei due leader politici non ac- cennano a fermarsi e continuano a fare morti e feriti, Il Paese ri- schia di scivolare nuovamente nel precipizio della guerra civile. Enrico Casale FEBBRAIO 2011 MC 61 MC ARTICOLI # A fianco. Alassane Ouattara intona l’inno nazionale dopo aver giurato come presidente il 4 dicembre 2010. # Sotto. Laurent Gbagbo (destra) con Jean Ping, presidente della Commissione dell’Unione africana, che tenta una mediazione.

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