Missioni Consolata - Febbraio 2011

50 MC FEBBRAIO 2011 figli nati da questi walking marriages sono riconosciuti solo dalla madre, che passa loro il cognome, e cresciuti dalla famiglia materna. Il padre, quando sia possibile de- terminarne l’identità, è tenuto a prendersi cura del figlio solamente per la durata della relazione con la madre, slegata da vincoli contrattuali. Con la Rivoluzione culturale però le cose dovettero cam- biare: disprezzando il sistema sociale mosuo, definen- doli come «animali», i comunisti imposero il rito del ma- trimonio. Quando la frenesia delle Guardie rosse venne sedata, i mosuo in massa decisero di divorziare legal- mente e tornare alle loro usanze. Oggi, il lago Lugu è diventato una sorta di parco natu- rale protetto, con biglietto d’entrata di 75 yuan. Grazie alla strada impervia ed alla carenza di alberghi di lusso, le sponde del lago godono ancora di una pace quasi ir- reale; ma gli scheletri di cemento a dieci piani che spun- tano qua e là lungo la strada costiera, in aggiunta alla costruzione già avviata di un aeroporto ad hoc nella pro- vincia del Sichuan, lasciano presagire un futuro sulla scia della «commercializzazione etnica» di Shangri-La e Lijiang. I superstiti mosuo stanno progressivamente ab- bandonando le loro abitazioni tradizionali in riva al lago, spingendosi nell’entroterra montagnoso dove ancora sono in grado di mantenere in vita le loro tradizioni, ri- creando un microcosmo fuori dal tempo e dallo spazio lontano dagli effetti collaterali dell’apertura al mondo. La tradizione dei walking marriages , declinata ad amore libero, ha alimentato il turismo sessuale interno: spacciandosi per mosuo, molte donne si sono stabilite nella zona in veri e propri distretti a luci rosse, masche- rando la prostituzione come esercizio per il manteni- mento della tradizione. I COSTI DEL «PROGRESSO» Senza dubbio, l’espansione economica cinese degli ul- timi anni ha progressivamente arricchito molti strati del tessuto sociale, specie la classe media, migliorando le condizioni di vita su larga scala e proiettando il grande paese asiatico verso il gruppo dei paesi svilup- pati. Gli evidenti progressi portati dal capitalismo, in Cina come nel mondo occidentale a suo tempo, non si sono fermati davanti all’ambiente o davanti alle pecu- liarità etniche e culturali a rischio sopravvivenza. Solo di recente, una maggiore consapevolezza ambientalista e multiculturale sta iniziando a penetrare nel sentito comune cinese, ed il governo si sta timidamente affac- ciando a politiche di salvaguardia delle diversità – come l’iniziativa per l’insegnamento del dongba a Li- jiang – e di «sviluppo sostenibile». Ma i nuovi benestanti cinesi, equiparabili agli yuppies della «Milano da bere», vogliono tutto e lo vogliono su- bito: la comodità, il lusso, le vacanze ed il consumo non sono più beni accessori fruibili da una stretta mino- ranza elitaria, ma sono lì a portata di portafogli, santifi- cati dalla nuova Cina ricca e capitalista. In mezzo a queste tempeste epocali, la fragilità delle minoranze etniche può preservarsi solo se difesa dal potere decisionale cinese. Il governo deve tracciare un limite oltre il quale, rinunciando a profitti immediati, la locomotiva economica cinese non deve avventurarsi: solo in questo modo l’inestimabile varietà etnica e cul- turale che la Cina vanta potrà sopravvivere, evitando al popolo cinese rimpianti fuori tempo massimo. Matteo Miavaldi A sinistra: una donna di Yupurga, vicino a Kashgar, Xinjiang . Sotto: due bimbe mosuo , sul Lago Lugu, nello Yunnan.

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