Missioni Consolata - Febbraio 2009

TuttoMondo 72 MC FEBBRAIO 2009 FILO DIRETTO tra i missionari della Consolata e i loro amici nei quattro continenti MARIALABAJA (COLOMBIA) CANTA E DANZA... CHE TI PASSA! A bbiamo terminato anche quest’anno l’attività delle «scuolette» o asili infantili, ini- ziativa nata 8 anni fa con il padre Salvatore Mura, che dal 2006 ci accompagna nuovamente. Anche nel 2008 abbiamo avuto la soddi- sfazione di chiudere l’anno con più di trecento bambini dai due e mez- zo ai sei anni. Con una novità molto importante e significativa: la gestio- ne 2008 è stata totalmente a cari- co della Fondazione « a partir de los niños » (a partire dai bambini), inte- grata da alcune persone del paese che hanno dimostrato grande inte- resse e capacità. Naturalmente noi siamo stati al loro fianco con il con- siglio, l’animazione e l’appoggio economico assicurato da tanti amici italiani. Ma siamo preoccupati: ci sarà un futuro per questi bimbi? La nostra è una terra meravigliosa, dove la gen- te da sempre si è dedicata all’agri- coltura tradizionale che ha permes- so di vivere e vendere nei mercati i diversi prodotti. La proprietà della terra è sempre stata un problema come nel resto della Colombia. Alcuni grandi proprietari si sono da sempre accaparrati le terre migliori e i contadini possono solo disporre di piccoli appezzamenti, che hanno comunque permesso loro di vivere con dignità anche se poveramente. Sono sempre stati tanti i braccianti che lavoravano e vivevano alla gior- nata, ma anche essi hanno potuto sopravvivere con il misero salario e l’aiuto di familiari o amici che pre- stavano o affittavano a basso prezzo un pezzo di terra dove seminare. Molte persone, soprattutto donne sole con figli a carico, sono riuscite a difendersi con il « tongueo » (spi- golatura), seguendo pazientemente i raccoglitori di riso. In questa terra c’è sempre stata povertà, mai la fame. Adesso per molti è fame! Il sistema tradizionale era solidale e autosufficiente, ma è saltato a causa delle nuove politiche del governo, che favoriscono solo l’agroindustria e, nella nostra zona in particolare la coltivazione della palma africana per produrre bio- combustibili. Abbiamo realizzato due «incontri» per discutere il pro- blema e creare coscienza, ma la politica agraria del governo non cambia e diventa sempre più aggressiva. Si parlava inizialmente nel nostro comune di 5 mila ettari, adesso si prospettano 10 mila e addirittura 17 mila destinati a tale coltivazione: alcune persone ne trarranno vantaggio, ma moltissime famiglie saranno obbligate ad abbandonare la terra natale. Di fatto la coltivazione della pal- ma ha una serie di conseguenze nefaste sull’ecosistema: essa non permette nessun’altra coltivazione sulla terra ad essa destinata. Zero cibo! La palma produce per circa 25 anni e il terreno rimane poi infecon- do per diversi anni. La manodopera viene drasticamente ridotta e il con- tadino perde la sua identità. N oi missionari viviamo con angustia questo problema, anche se la maggioranza del- la gente sembra non accorgersi del- la gravità della situazione. D’altra parte, non vedono altre soluzioni. La politica del governo è questa e nuo- tare controcorrente non è facile: la nostra gente è pacifica e si dimostra addirittura indifferente e passiva di fronte a qualsiasi situazione. Cultura africana? Conseguenza della schiavitù? Rifiuto al cambia- mento? Paura dopo gli ultimi 10 anni di violenza che hanno segnato la vita della nostra gente con tanti morti e migliaia di sfollati? O forse grande amore alla vita, che ha svi- luppato mille forme di resistenza per poter sopravvivere nonostante tutto... C’è «qualcosa» per noi incomprensibile e sempre da rispet- tare, studiare e approfondire... Quello che appare e preoccupa è comunque il «disinteresse» di fronte al problema, la mancanza di «orga- nizzazione e solidarietà» per affron- tarlo, la «passività» cronica di fronte a mille ingiustizie. Con tante difficoltà, la nostra gente ha potuto costruire un pro- prio sistema di vita autosufficiente. Riuscirà a sopravvivere al nuovo modello economico e culturale, voluto dal governo nella logica capitalista della società dominante? Anche qui arrivano gli echi della cri- si finanziaria mondiale e della temu- ta recessione nelle economie di vari paesi. Si avvertono anche i richiami di chi crede che «un altro mondo è possibile». Rimane il dilemma di come e con chi costruirlo. Forse la nostra gente ha scelto di continuare ad amare la vita e di resistere con la musica e la danza e per questo continua a ballare nono- stante tutto. In questi giorni si è svolto ancora una volta il «festival nazionale del Bullerengue», ballo tipico della nostra regione con grande partecipazione e tanta alle- gria. Ci salveremo anche questa vol- ta? Speriamo... Beppe Svanera Canti e balli a Marialabaja.

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