Missioni Consolata - Febbraio 2009

MISSIONI CONSOLATA re e poi sparlare o se c’è una empa- tia: tu vuoi entrare per partecipare, fare tua questa esperienza». Tutto questo portando avanti an- che la pastorale? «La pastorale è sempre stata la ba- se. Dà le fonti migliori e il materiale più autentico. Solo in seguito si può passare a una rielaborazione teoreti- ca di un’esperienza.Non il contrario. La pastorale concreta è sempre stata l’ispirazione.Dopo c’è la rifles- sione di équipe e si passa di nuovo alla pastorale come apertura, incul- turazione, applicazione, suggeri- menti …questo è il processo». Come si arriva alla vera incultura- zione? «L’inculturazione è possibile se si ha il numero del cellulare di un po- polo. Il punto di partenza è che Dio ha parlato a questa gente. La parola Muluko (Dio) non è importata, né dall’islamné dal cristianesimo. È la “casa dell’essere”, indica un cammi- no storico che non è conosciuto.Dio ha camminato con questo popolo. La messe è grande ma gli operai sono pochi. Se c’è la messe esiste un cammino già fatto. Il missionario più che seminare dovrebbe essere un mietitore: raccoglie o riassume co- scientemente quello che Dio ha già operato con loro. La visione teologica di Dio già nel- la storia prima dell’evangelizzazio- ne, aiuta a entrare in un contesto culturale differente. Prima di tutto con rispetto: non seminare se è già stato seminato o non estirpare quel- lo che già c’è e ha già un processo di maturità teologica storico-salvifica. Fasi finali dell’iniziazione maschile presso i macua-xirima. Partendo dall’alto: i giovani attendono; poi uno alla volta corrono e si gettano nelle acque gelide di un torrente; qui si lavano tra loro. Solo all’u- scita saranno rivestiti. Seguirà una settimana di formazione.

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