Missioni Consolata - Febbraio 2002

Se si può parlare di mal d’Africa, a maggior ragione si può definire la passione per il deserto qualcosa di più di una malattia. Ancor oggi chi viaggia sulle strade asfaltate del sud algerino non può non restare catturato dal silenzio interrotto solo dal «tobol», il tamburo della sabbia, il rumore cadenzato prodotto dal contatto del vento con le dune (E RIC S ALERNO ) . P erla nera delle sabbie, città delle sette porte, crocevia ca- rovaniero e mercato di schia- vi: ecco Ghadamès, vero avampo- sto del deserto. Ancora oggi, con Timbuktu, Ouadane e Chinquetti, è una delle più belle e misteriose città del deserto. Al presente quasi sepolta dalla sabbia, mille anni fa era un importante centro carova- niero, ricco di scambi commerciali (oro, avorio, pietre preziose) e cul- turali. Costruita in un’oasi di sogno, sot- to il livello della strada al riparo dal- le sabbie, appare al visitatore come una città sotterranea dall’affascinan- te labirinto di viuzze tortuose e buie, al confine conTunisia eAlgeria. Con la spedizione di Lucio Cornelio Balbo (20-19 a. C.), i romani vi sta- bilirono un presidio (Cydamus), di cui sono ancora visibili i resti. La sua storia è una catena inin- terrotta di invasioni e lacerazioni della propria identità. Convertita al cristianesimo durante l’impero bi- zantino, fu occupata in seguito dal- la irruzione musulmana del 667 d. C. Nel 1825 l’esploratore inglese Alexander Gordan Laing fu il pri- mo europeo che la menzionò dopo secoli di silenzio. Il suo lungo viag- gio in Sahara terminò purtroppo tragicamente a Timbuktu, dove an- che gli ultimi appunti di viaggio fu- rono distrutti dagli aggressori. Anticamente Ghadamès era nota come «l’interdetta» e ancora oggi sono rarissimi gli occidentali di pas- saggio. È un luogo insolito: non ha i ca- ratteri di alcuna città libica, tunisina o algerina, pur essendo un crocevia fra i più frequentati. Viene definita una città intensamente africana per i colori accesi, i disegni esoterici, le torri, lo sgargiante artigianato e, so- prattutto, per quelle viuzze coperte, più simili a cunicoli sotterranei. I vi- coli di Ghadamès sono stati proget- tati da abilissimi architetti, per cat- turare ogni folata di vento, ogni squarcio d’ombra e di freschezza. Oggi, sull’antica Ghadamès è sceso il silenzio: dagli anni Ottanta i suoi abitanti si sono trasferiti nella sua periferia, dove il governo libico ha fatto costruire ambienti più confor- tevoli per la popolazione. L’UNE- SCO ha preso sotto la sua tutela questa perla del deserto; ora, nelle sue vie silenziose, si odono solo i ru- mori dei restauratori, piccoli grup- pi impegnati a valorizzare la porta millenaria, che conduce ai giardini di palme ed orzo, ai quartieri ber- bero e arabo, all’ hamman dove si raccoglie l’acqua della sorgente. A vvolte in lunghi mantelli e veli, solo tre donne sono ri- maste stabilmente qui: ma- dre, figlia e nipote. I loro abiti svo- lazzanti e il portamento regale ri- chiamano alla mente un vecchio regno arabo dalle favolose leggende. Chi sono? Perché vivere come ere- miti nel silenzio di case vuote? Solo a cura di Liliana Pizzorni Ghadamès, l’«interdetta» Persone in un interno della città vecchia. Giovani donne fra le dune di Ghadamès. MISSIONI CONSOLATA 68 FEBBRAIO 2002

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