Missioni Consolata - Dicembre 2023

sando a quante persone avevano bisogno di aiuto solo a un paio d'ore di distanza. Alcuni dei ragazzi migranti assieme a noi non avevano mai visto il mare che stavano progettando di attraversare per raggiungere l'Europa. Siamo rimasti colpiti dalla loro sorpresa e dalla felicità con cui giocavano a lanciarsi la palla l’un l’altro e tentavano di nuotare. Quella notte abbiamo dormito in tenda, nei pressi della chiesa di Saïdia. Qualcuno di noi ha condiviso una tenda con due di loro: era una notte calda, ma siamo riusciti a riposare bene. VOLTI, NOMI E STORIE La settimana è passata in fretta. Quando siamo ripartiti da Ojuda avevamo la sensazione che i giorni trascorsi lì non fossero stati sufficienti. Desideravamo continuare a dare il nostro contributo. Siamo stati accolti con grande affetto e, dopo una sola settimana, ci sembrava di conoscere tutti già da tempo: persone che hanno tanto bisogno, anche se mostrano di stare bene e di essere felici. Persone che hanno storie che non avrebbero mai dovuto vivere, tanto più se ragazzi. Dall’esperienza di Ojuda quello che abbiamo portato con noi sono i loro nomi. Nomi che aiutano a collegare storie ai volti di migranti mostrati nei telegiornali. Portiamo con noi nomi e storie di persone di cui abbiamo conosciuto la vita, che hanno un’enorme volontà di miglioramento personale, che cercano solo l’opportunità di forgiarsi un’esistenza migliore. E noi, sentendoci un po’ egoisti, siamo tornati alle nostre case pensando alla facilità con cui andiamo e veniamo quando vogliamo, pensando alla loro domanda: «Perché venite qui se la vita è migliore in Spagna?». Si potrebbe dire che sentivano di non avere nulla da dare a noi, eppure noi siamo diventati più ricchi semplicemente conoscendoli. Oggi vogliamo continuare a studiare, formarci e migliorare per tornare lì più preparati ed efficaci. Vogliamo far vedere al mondo che la disuguaglianza esiste, e vogliamo lottare perché tutti abbiano le stesse opportunità. Fatima Reyes Santos e Marco Testa Moreno provenienti da diverse parti dell'Africa. Ogni giorno erano molti quelli che andavano e venivano. Alcuni si fermavano, qualcuno era lì da poco, altri da più tempo, a seconda delle esigenze e dei loro progetti. La sensazione che abbiamo avuto è stata quella di trovarci in un ambiente molto familiare, in cui sembrava che tutti fossero cresciuti insieme: i migranti accolti scherzavano, ridevano e si aiutavano a vicenda. Alcuni giovani si avvicinavano a noi e ci chiedevano com'era andato il viaggio, da dove venivamo. Altri, invece, sembravano diffidenti, parlavano tra loro e ci guardavano con la coda dell'occhio. Tutti avevano una cosa in comune: il cellulare. Strumento vitale per loro. Li vedevamo spesso parlare con qualcuno o fare video chiamate. Abbiamo capito che erano giovani che aspiravano a qualcosa di molto più grande di quanto noi potessimo pensare. Alcuni ci hanno raccontato che stavano studiando in città, altri erano in cerca di lavoro, altri ancora stavano semplicemente aspettando il momento migliore per continuare il loro cammino. Siamo diventati buoni amici con la maggior parte di loro. Nel tempo libero, alcuni giocavano a carte, altri ascoltavano musica. A prima vista ci trovavamo in un ambiente molto normale. Il team che lavora per l’accoglienza nella parrocchia, formato da missionari e altre persone, cerca di fare in modo che tutto vada bene. Ne fa parte anche la cuoca che i giovani accolti chiamano «mamma». Una persona meravigliosa che ci ha deliziato con le sue prelibatezze. Ci portava la sera a vedere la Medina, e si fermava sempre a contrattare quando comprava qualcosa. IN SPIAGGIA A metà settimana, siamo andati con alcuni ragazzi a Saïdia, una città turistica sulla costa, molto diversa da Oujda. Abbiamo provato un'enorme sensazione di smarrimento davanti a tutti quei turisti penAMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT DICEMBRE 2023 amico | MC | 75 © AfMC

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