Missioni Consolata - Dicembre 2023

GUATEMALA della loro vita al passato remoto e aggiungono il prefisso «ex» prima di tutti i lavori e gli studi che hanno fatto, come se le esperienze precedenti, che dovrebbero essere la base per costruire il loro futuro, non esistessero più. Poco più avanti, una ragazza che ha deciso di non parlare della sua storia, è in piedi all’angolo tra la sesta e la nona avenida e regge un cartello in mano che dice così: «Ho bisogno di aiuto per tornare in Venezuela». Un mondo nella valigia Da Josué a Carolina, passando per Alonso e la ragazza con il cartello, tutti condividono lo stesso destino. Sono giovani migranti venezuelani, bloccati in Guatemala perché senza soldi per continuare il viaggio verso gli Stati Uniti o, eventualmente, tornare a sud, in Venezuela o in altri paesi dell’America Latina. Dopo mesi trascorsi a viaggiare per raggiungere la meta si fermano per racimolare le risorse economiche necessarie ad andare avanti, o, come la ragazza che non ha più le forze né fisiche né mentali, per tornare indietro. Sono senza permesso di soggiorno, senza casa e di solito viaggiano con una valigia a testa in cui racchiudono tutto il loro mondo. Nella situazione di irregolarità migratoria, non hanno la possibilità di ottenere un lavoro né regolare né decorosamente pagato, per cui alcuni provano a vendere caramelle, accendini, braccialetti e bevande in strada, ma la maggior parte di loro chiede l’elemosina in varie parti della città, sul sagrato delle chiese o di fronte alle stazioni dei bus che portano fino alla frontiera con il Messico. Sperano di raccogliere abbastanza denaro per continuare il loro viaggio, perché l’idea di chiedere asilo in Guatemala, uno dei paesi da cui parte il maggior numero di migranti verso gli Stati Uniti, non li sfiora nemmeno. «Viviamo per strada, ma una volta a settimana ci concediamo una notte in una piccola pensione, qui in centro. Chiedendo l’elemosina riusciamo a fare circa 100 quetzales al giorno (11 euro, ndr) e non bastano per l’alloggio, il cibo, i pannolini per il bambino o per pagare il coyote per passare la frontiera tra Guatemala e il Messico - spiega Josué -. Attraversare il fiume al confine con il Guatemala costa 50 dollari a persona e ne servono molti di più per arrivarci. Siamo qui da un mese e abbiamo appena messo da parte i primi 50 dollari. Ne mancano altri 100». Josué e Carolina si sono conosciuti in Ecuador, quando dal loro punto di vista non c’erano più motivi per restare in Venezuela. «I nostri genitori non riuscivano a mantenere la famiglia - racconta Josué -. E io stesso non andavo né a scuola né riuscivo a trovare un lavoro che mi permettesse di guadagnare a sufficienza. L’inflazione là è altissima e anche se lavori, ti sembra di non guadagnare nulla». Più di 7,7 milioni di venezuelani sono fuggiti dal loro paese negli ultimi anni a causa dell’instabilità economica e politica che, di fatto, ha costretto molte persone in una spirale di povertà estrema. La maggior parte dei migranti si è rifugiata in Colombia, Perù, Ecuador o Cile, ma negli ultimi anni, a causa della pandemia e della crisi economica che ha colpito anche questi paesi, molti venezuelani hanno deciso di lasciarsi alle spalle la vita precaria che conducevano nei paesi latinoamericani per provare la fortuna negli Stati Uniti (riquadro a pag. 54). Il ricordo del Darién Improvvisamente Carolina intercetta il segnale wifi del Burger King e mostra con orgoglio la foto che si sono scattati all’uscire vivi dalla giungla del Darién dopo giorni di cammino tra fango e burroni. Quel punto del percorso migratorio è tra i più pericolosi di tutto il viaggio, a causa sia delle difficoltà naturali come le paludi, che rendono faticoso e spesso mortale il cammino, sia della presenza di bande criminali che assaltano i migranti derubandoli di tutti i loro averi. Carolina ora sorride perché, proprio ricordando l’interminabile fatica che hanno vissuto sulla propria pelle nel Darién, è convinta che la parte più difficile del loro viaggio sia passata. Non hanno più soldi né forze, ma nessuno è riuscito a privarli della speranza. Sono partiti dall’Ecuador nel dicembre 2022, hanno attraversato la Colombia, la giungla del Darién, Panama, Costa Rica (dove sono rimasti alcuni mesi a lavorare), Nicaragua, Honduras e A lato: Carolina mostra sul cellulare la foto della propria famiglia dopo l’attraversamento della foresta del Darién. | A destra: due immagini dall’interno della Casa del migrante di Città del Guatemala. | MC | DICEMBRE 2023 52

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