COMUNITÀ DI FAMIGLIE o DICEMBRE 2023 | MC | o 43 In senso orario: i nomi delle cinquantacinque persone accolte dalla comunità Sichem negli anni. | Un’immagine della festa dei popoli. | Il forno utilizzato dalla comunità e dalla popolazione del territorio. | La comunità Pachamama, ultima nata nel 2018 da alcuni figli della prima comunità. | Alberto con una parte delle strutture abitate dalla comunità alle spalle. Pagina seguente: Roberto e Silvia della comunità Efraim. © Comunità Sichem © Comunità Sichem Nella cappellina, quando più tardi la visiteremo, troveremo scritti i nomi delle cinquantacinque persone che in questi anni sono state accolte da Sichem, chi per alcuni mesi, chi per diversi anni. «Attualmente stiamo accogliendo nove persone, un uomo italiano, una famiglia dello Sri Lanka e due originarie dell’Africa», spiega Franco. Fin dalle prime accoglienze «percepivamo all’esterno della comunità un pregiudizio sugli stranieri», poi la quotidianità con la sua normalità ha avuto il sopravvento. «Devi vedere con che energia alcuni di noi si dedicano alle accoglienze, dalle relazioni con le persone alla pulizia degli appartamenti, alla ricerca dei mobili», sottolinea Marco, che, con la moglie Rosaria, è arrivato a Sichem nel 2008. «Io non mi occupo in modo diretto di accogliere perché mi ritengo poco paziente, ma vedendo gli altri ho imparato modi di fare che non avrei mai appreso altrove», aggiunge con un sorriso. Oggi il metodo con cui si accoglie è rodato - a volte è il servizio sociale che invia le persone, altre volte associazioni che contribuiscono alle spese, almeno in una fase iniziale, in attesa che chi è accolto inizi a pagare l’affitto calmierato -, ma all’inizio non è stato tutto rose e fiori. Anzi: «La prima accoglienza è stata un disastro», ricorda Flavia, a Sichem con il marito Guido fin dall’inizio. «Non sapevamo come fare a gestire le emergenze, chi chiamare quando c’erano problemi. Ma dopo lo sbandamento iniziale ci siamo strutturati e sono emersi anche i valori individuali di ciascuno di noi: c’è chi ha un approccio più “educativo”, chi più “pratico”, entrambi molto utili». Il pregiudizio positivo A Sichem, ogni famiglia è titolare del proprio appartamento, ha i propri spazi e tempi di vita, ma le porte di casa rimangono aperte mettendo in comune una parte non secondaria delle vite di ciascuno, secondo lo stile della lettera ai Romani: «Gareggiate nello stimarvi a vicenda. Siate forti nella tribolazione. Solleciti per le necessità dei fratelli. Premurosi nell’ospitalità». È questo un pilastro centrale della comunità: la stima, il pregiudizio positivo sugli altri. Il nome stesso della comunità, del resto, ricorda il rinnovamento dell’alleanza tra le tribù d’Israele una volta arrivate nella Terra promessa, a Sichem, descritto nel libro di Giosuè. Anche il metodo decisionale scelto dalla comunità è ispirato dallo stesso stile: «Va nella direzione del consenso, dell’avere l’accordo di tutti, quindi non a maggioranza», riprende Flavia. «Abbiamo discussioni infinite e complicate, ma poi provvidenzialmente si arriva a una decisione condivisa». «All’inizio - ricorda sorridente Franco - condividevamo le vacanze. Era utile per mettere in ordine le idee, trovare l’identità collettiva. Una volta siamo
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