Durante la conquista babilonese, Gerusalemme viene presa e la parte più capace e colta dei suoi abitanti deportata a Babilonia. In quel periodo, o forse appena dopo, inizia a predicare un profeta nuovo, di cui non conosciamo né il nome, né la vita, né il motivo per il quale decide di fare ciò per cui ancora oggi restiamo ammirati. Sarebbe infatti bello sapere se quello che noi oggi leggiamo lo abbia anche predicato, ma non possiamo fare altro che immaginare e fantasticare. Ciò che sappiamo è che prende il libro di Isaia, chiuso più di un secolo prima, e decide di proseguirlo. L’autore del libro di Isaia cambia dal capitolo 40 in poi, perché cambiano lo stile, i temi, lo sfondo (si capisce benissimo che chi scrive è in esilio e scrive a esiliati). Ma lui decide di non iniziare un nuovo rotolo, di non dichiarare chi è. Si «limita» a proseguire uno scritto altrui. Così facendo, inevitabilmente, suggerisce la sua continuità con il «primo» Isaia (in realtà, l’unico di cui abbiamo il nome). Questi, come abbiamo ricordato, aveva invitato a confidare in Dio, che avrebbe difeso il suo popolo anche politicamente e militarmente. Chi prende quel libro in mano e decide di proseguirlo, vuole invece suggerire che, anche se il popolo è stato sconfitto ed esiliato, Dio continua a essere al suo fianco, a essere affidabile. E già un messaggio del genere è sorprendente. Avrebbe potuto decidere di nascondere e dimenticare il rotolo di Isaia, o dire che aveva parlato Il nostro percorso alla scoperta di personaggi biblici la cui fede esemplare e affascinante può insegnare qualcosa anche a noi, è iniziato a gennaio con Abramo, il più noto dei patriarchi benché la sua precisa esistenza storica non sia al di sopra di ogni dubbio. Lo concludiamo con un personaggio che, all’opposto, è sicuramente esistito, ma che ha cercato in tutti i modi di nascondersi, tanto che, in effetti, non ne conosciamo neppure il nome, anche se ci ha lasciato alcune delle pagine più luminose e toccanti di tutta la Bibbia: parliamo dell’autore dei capitoli 40-55 del libro del profeta Isaia. Lo sfondo letterario Nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. Gerusalemme e la Giudea avevano vissuto un momento di crisi e di gloria. Di crisi perché nella regione era arrivata la potenza terribile del nuovo impero assiro che aveva avuto ragione dei ben più agguerriti regni di Damasco e di Samaria. Quest’ultima, il regno di Israele del Nord, era stata conquistata e distrutta nel 721 a.C. con la conseguente deportazione della sua classe dirigente e di tutti coloro che, per abitudine o cultura, avrebbero potuto eventualmente guidare una rivolta. Un gruppo di sacerdoti, probabilmente, si era rifugiato da Samaria a Gerusalemme portando con sé le proprie tradizioni religiose e profetiche, forse già in parte scritte. Essi, quindi, avevano contribuito alla gloria di quegli anni, perché da loro Gerusalemme era stata come rivitalizzata, prima che arrivasse anche su di lei l’ondata conquistatrice degli Assiri. Questi l’avevano sì assediata ma, distratti forse da disordini in patria o, più probabilmenti, delusi dalla povertà che comunque vedevano nella città (per cui lo scarso bottino non avrebbe giustificato l’enorme sforzo per conquistarla), avevano deciso di abbandonare l’assedio prima di dare l’assalto finale (701 a.C.). In quegli anni operava a Gerusalemme un profeta dallo stile limpido e bellissimo, sicuro di sé e deciso, che esortava i giudei a confidare non in alleanze umane, ma solo in Dio. E, in effetti, si sarebbe potuto dire che, alla fine, la storia gli aveva dato ragione. Egli continuava a ripetere che «tempio del Signore è questo» e Dio non lo avrebbe lasciato conquistare mai. Questo suo ritornello negli anni si era conservato ed era stato rinfacciato, più di un secolo dopo, a Geremia, il quale invece sosteneva che, nel suo tempo, per fidarsi di Dio occorreva lasciare che i nemici conquistassero la città santa (Ger 7,4): infatti, mantenersi sulle vie del Signore non significava fare sempre le stesse scelte. Un contesto nuovo La storia poi darà ragione anche a Geremia. A metà del VII secolo l’impero assiro va in crisi, e il suo posto viene preso da un altro impero, quello babilonese, che ricomincia a percorrere la strada di conquista e sopraffazione già nota, anche se con uno stile lievemente più mite. di ANGELO FRACCHIA biblista COSÌ STA SCRITTO + UOMINI E DONNE DEL PRIMO TESTAMENTO CAMMINATORI DI SPERANZA Il profeta senza nome | MC | DICEMBRE 2023 32
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=