Missioni Consolata - Dicembre 2023

inosservato. È pur vero che mia moglie, sempre previdente, ha con se una lettera della fondazione «Aiutiamoli a vivere» (vedi box) che spiega la destinazione di quei beni. I temuti doganieri, invece, si rivelano non essere un problema, almeno per noi. L’unico disagio sono i tempi d’attesa in fila per lo scanner dei bagagli che allungano il viaggio notturno. Alle sei in punto del mattino arriviamo finalmente a Minsk. Siamo un po’ stropicciati e stanchi ma la gioia di incontrare Irina e suo marito Dima prende subito il sopravvento e le 5 ore e mezza per coprire meno di 200 km sono già un ricordo. Minsk, in trasformazione In attesa che l’hotel ci dia l’accesso al check-in, Irina e Dima ci rifocillano con una abbondante colazione e poi partiamo alla scoperta della capitale. Dima è uno chaperon fantastico e Irina è estremamente paziente nel gestire le nostre curiosità che spaziano dalla cucina al sistema di viabilità. Non è nemmeno da trascurare la grande capacità di creare confusione tipica della nostra famiglia. Con Dima nei panni di Google maps e Irina in veste di Google translate vediamo una città di circa due milioni di abitanti con un impianto urbanistico di evidente stampo sovietico (è stata quasi totalmente distrutta durante la Seconda guerra mondiale) caratterizzato da ampi viali ed enormi edifici in stile classicista socialista. Minsk è una città che sta vivendo una parziale trasformazione con la nascita di centri commerciali, di nuovi quartieri e l’innesto di costruzioni di nuova concezione come la biblioteca nazionale e i palazzetti per lo sport che paiono proiettarla decisamente nel futuro. L’apparenza è di ordine, pulizia e discreto benessere. Le proteste del 2020 però, non sono distanti. Memorie Minsk, come tutto il mondo ex sovietico, è fortemente legata al passato e soprattutto alla memoria dell’evento che l’ha vista maggiormente protagonista (suo malgrado): la Seconda guerra mondiale. La città ha subito due assedi ed è stata teatro di scontri militari violentissimi e sanguinosi oltre a essere stata la sede di una delle più numerose comunità ebraiche poi fisicamente cancellata dalla mappa cittadina. Visitiamo il museo che la città dedicato alla memoria di questa tragedia e, grazie a Irina e Dima, anche il memoriale di Chatyn. Chatyn è il nome di un villaggio a 50 km da Minsk in cui tutti gli abitanti furono rinchiusi in un magazzino che venne poi dato alle fiamme dai nazisti così come tutte e 27 le altre case. Il memoriale ricorda i 628 villaggi che hanno subito la stessa sorte e lo fa tramite una scenografia che lascia il visitatore senza parole. È uno di quei luoghi che ti mostrano la ferocia umana senza veli, in tutta la sua immensa crudeltà. A Chatyn c’è il rispetto della memoria del singolo e la vastità della tragedia di un’intera nazione. Un dato su tutti: nel periodo 1941-1943 circa un terzo della popolazione bielorussa è deceduto. Al termine del conflitto si sono contati complessivamente oltre due milioni di morti. Tutta la capitale è coinvolta nel ricordo, attraverso monumenti e musei. E si nota in questo così tanta cura e meticolosità che non può essere interpretata solo come propaganda politica. Altro “ Tutto il mondo ex sovietico è legato al passato e alla memoria della Seconda guerra mondiale. DICEMBRE 2023 | MC | 19 scuole | accoglienza | incontri | Memorie A sinistra: Minsk, capitale della Bielorussia, tramonto dal tetto dell’hotel Belarus. | Qui: banchi di frutta e verdura in un mercato coperto di Minsk.

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