Missioni Consolata - Luglio 2023

LIBERI Per capire a che cosa siamo chiamati e chi siamo chiamati a essere, bisogna essere liberi il più possibile. Liberi per ascoltare e rispondere con gioia. L’animatore chieda quindi ai giovani di fermarsi a pensare alla loro vita, in particolare se ci sono, o ci sono stati, degli ostacoli nella loro realizzazione di sé. Ci sono delle catene che a volte ti impediscono di essere il meglio di ciò che potresti essere? Riesci a vedere quella bella luce che hai dentro di te, che può illuminare anche altri attorno a te? Testimonianza missionaria. Madre Teresa di Calcutta diceva alle sue suore: «Noi dobbiamo essere degli angeli di bontà e di consolazione per coloro che incontriamo». Un giorno, madre Teresa era in un quartiere povero alla ricerca dei casi più disperati. In seguito avrebbe raccontato: «Trovai un uomo che viveva in una baracca di legno e cartone, solo, nella miseria. Mi avvicinai e cercai di iniziare la conversazione. Gli dissi: “Vi prego, lasciateci pulire la vostra casa, fare il vostro letto e mettere un po’ di ordine”. Mi rispose con un tono secco: “Sto bene così, lasciatemi in pace!”. Insistetti: “Vedrete che starete meglio dopo”. Finì per accettare, anche se malvolentieri. Mi accorsi che c’era una lampada bellina, nascosta dietro tanta polvere e disordine. Gli chiesi: “Non accendete mai questa lampada?”. Rispose: “E perché dovrei accenderla? Non viene mai nessuno qui a farmi visita. Qui da solo non ho bisogno di luce”. Allora mi venne un’ispirazione: “Se le suore venissero ogni sera a farvi visita, voi l’accendereste?”. “Certo, lo farei”. Di ritorno a casa, raccontai il fatto alle mie suore ed esse alla sera incominciarono a fargli visita. Quell’uomo, ogni sera, all’arrivo delle suore, accendeva la lampada. Qualche mese dopo mi inviò un biglietto con scritto: “Vi assicuro, Madre, che la luce che voi avete acceso nella mia vita, brilla sempre”. Quello che avevo fatto era ben poca cosa. Ma la solitudine di questo uomo povero era così tenebrosa! Una luce si era accesa nel suo cuore e continuava a brillare». LE NOSTRE CATENE L’animatore faccia passare tra le mani dei ragazzi una catena e chieda cosa provano toccandola. Cosa suscita in loro. Cosa ricorda o evoca. A che cosa fa pensare. Dove li porta con l’immaginazione. L’animatore scrive al computer le parole che emergono dai ragazzi, e le proietta. Poi fa qualche esempio di «catene» da cui è difficile liberarsi: - alcune paure; - errori, peccati del passato; - i propri difetti, limiti, fragilità; - egoismo, chiusura, timidezza, paura di disturbare gli altri o essere giudicati male; - il cellulare (il 40,5% degli adolescenti usa il cellulare oltre le quattro ore giornaliere); - internet (il 47% degli adolescenti ha affermato di non riuscire a staccarsi anche quando si è riproposto di farlo); - l’alcol (il 64% degli adolescenti dichiara di bere alcolici); - l’approvazione degli altri. A questo punto l’animatore stimoli un confronto tra i ragazzi, moderando gli interventi, e inviti a comprendere che ciascuno ha il potere di decidere se lasciarsi incatenare oppure provare a liberarsi per essere il meglio di ciò per cui Dio le ha create. LE CATENE DEGLI ALTRI L’animatore inviti ora ad allargare lo sguardo sul mondo per scoprire quali catene tolgono libertà ai giovani di altri paesi. Proietti il video Catene alla fine del quale l’animatore può riprendere la domanda del ritornello: «Quante catene neppure conosci, neppure immagini, e puoi spezzare. E tu? Cosa libererai?». L’animatore può associare un nome ad alcune delle catene che il video ha mostrato, o parlare di altre situazioni che si conoscono, in modo da prendere coscienza insieme del loro peso per tante persone nel mondo (l’analfabetismo; le donne e le persone costrette a prostituirsi; i bambini soldato; i bambini sfruttati nel lavoro; i contadini derubati della loro terra; le guerre; le AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT LUGLIO 2023 amico | MC | 79 Foto di Eyasu Etsub su Unsplash

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