Missioni Consolata - Luglio 2023

mours (controllata dalla DuPont) di Dordrecht furono liberamente scaricati in atmosfera, ricadendo poi sul suolo. La popolazione ne risultò contaminata sia per via aerea, che attraverso gli alimenti e l’acqua. A marzo 2023, sono stati pubblicati i risultati di un’inchiesta europea denominata Forever pollution project, condotta da un gruppo internazionale di giornalisti investigativi coordinati dal quotidiano francese Le Monde. Da questa inchiesta è emerso che attualmente sono più di 17mila i siti europei contaminati da Pfas, Italia compresa (riquadro alla pagina seguente). I danni alle persone Il meccanismo d’azione dei Pfas nel nostro organismo non è del tutto noto. Tuttavia, si è capito che queste sostanze sono capaci di interagire con i recettori nucleari (Peroxisome proliferator activated receptor, Ppar) che svolgono un ruolo essenziale nel metabolismo lipidico e glucidico, partecipano al controllo dei processi infiammatori associati con l’aterosclerosi e la sua progressione e intervengono nello sviluppo e nel controllo della risposta immunitaria. Nelle sperimentazioni sui ratti Sprague-Dawley nutriti con Pfoa è stata osservata la variazione dell’espressione genetica di 800 geni. I Pfas riescono a legarsi all’albumina del sangue, una delle principali proteine con funzione di carrier di ormoni. Negli esseri umani, i Pfas si comportano come interferenti endocrini e possono agire sull’apparato riproduttivo maschile (come dimostrato negli adolescenti e giovani adulti residenti nelle zone a maggiore contaminazione nel Veneto, vedere riquadro) e anche su quello femminile durante il periodo prenatale e dello sviluppo evolutivo. Una recente ricerca condotta sul sangue di 252 donne brasiliane gravide per rilevare la presenza di 13 diversi composti fluorurati, ha evidenziato una forte associazione tra la presenza di Pfas nel sangue materno e ridotto sviluppo fetale. Quest’ultimo rappresenta un notevole problema, essendo una significativa causa di mortalità e di morbilità perinatale. La prematurità, inoltre, è associata a un aumento della mortalità e della morbilità a lungo termine. L’esposizione ai Pfas è stata associata, inoltre, alla gestosi e al diabete gestazionale, alle alterazioni del metabolismo lipidico e tiroideo, alle risposte postvaccinazione del sistema immunitario, allo sviluppo ormonale e all’età del pubarca/menarca, nonché all’epoca della comparsa della menopausa. Bisognerebbe riflettere su questi dati quando si cercano le cause dell’«inverno demografico». Possono anche essere rimosse le cause socio economiche che portano alla denatalità, ma se non vengono rimosse quelle che colpiscono l’apparato riproduttore delle persone, il problema non potrà che aggravarsi. Nel marzo 2017, l’Efsa (Azienda europea per la sicurezza alimentare) ha proposto valori di Tdi (Tolerable daily intake, «dose giornaliera tollerabile», ovvero la dose di una sostanza che può essere ingerita senza apprezzabili rischi per la salute) di 13 ng/kg per settimana (1,8 ng/kg/die) per il Pfoa e 6 ng/kg/settimana (0,8 ng/kg/die) per il Pfos. È necessario che le autorità nazionali ed europee provvedano al più presto ad adottare tali valori senza farsi influenzare dalle lobbies industriali e commerciali che possono vedere minati i loro interessi. Un futuro senza Pfas Nel febbraio 2023, l’Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) ha pubblicato una proposta di divieto per tutti i Pfas. È evidente che bisogna imparare a farne a meno, almeno per tutti quegli usi per cui essi possono essere sostituiti, come negli abiti, negli imballaggi e nei cosmetici. Rosanna Novara Topino LUGLIO 2023 | MC | 63 © European Environment Agency NOTE (1) Il dipartimento di tossicologia dell’azienda rilevò già nel 1961 la tossicità dei Pfas a 8 atomi di carbonio sui ratti e sui conigli. Peraltro il primo studio che dimostrò l’interazione tra lo Pfoa e l’albumina nel sangue risale al 1956 e fu questo a portare la DuPont a interessarsi degli effetti tossici di questa sostanza sulla salute umana.

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