Missioni Consolata - Luglio 2023

paese più povero della regione, ha resistito a ricatti e lusinghe, ma paga la sua indipendenza con la cancellazione di un pacchetto di aiuti occidentali e l’espulsione di centinaia di migliaia di lavoratori dall’Arabia Saudita. L’Urss agonizzante di Mikhail Gorbacev non riesce a porre un risolutivo veto all’ultimatum, ma tenta poi, per mesi, di mediare, inviando come negoziatore Evghenij Primakov, soprattutto nelle capitali arabe e a Baghdad. Era possibile, annoterà poi il negoziatore russo, ottenere un ritiro in dignità dell’Iraq dal Kuwait offrendo a Baghdad un pacchetto di garanzie. Sarebbe stato il modo per affermare il rispetto delle risoluzioni Onu senza la guerra. Dopo la risoluzione 678 che autorizza l’uso della forza, il Consiglio di sicurezza non si riunisce più. Cercano ancora di negoziare l’Iran, sostenuto dall’Urss, e un gruppo di leader non allineati guidati da India e Nicaragua, insieme a Willy Brandt. Gli Usa rigettano ogni proposta. Il mondo si accoda. Quanto all’invasione dell’Iraq nel 2003, vede l’opposizione attiva ma inefficace di molti paesi: in Europa Francia, Belgio, Germania. Poi Russia e Cina, Cuba (che mantiene l’ambasciata aperta sotto le bombe), Venezuela, Siria e altri paesi arabi. La Francia di Jacques Chirac si frappone in Consiglio di sicurezza, non accettando alcuna risoluzione contenente un ultimatum. Invece, nel caso della crisi libica nel 2011, fra i membri eminenti della Nato solo la Germania, membro di turno del Consiglio di sicurezza, non dice sì alla no-fly zone che da lì a poco si trasformerà nella distruzione per via aerea della Libia (la Norvegia, se non altro, si ritira dai bombardamenti su Tripoli dopo pochi mesi). Ma è soprattutto il presidente venezuelano Hugo Chávez, appoggiato da Fidel Castro (che invano chiede alle popolazioni occidentali di sostenerlo), a cercare di coinvolgere diversi Stati in uno sforzo negoziale tem- | MC | LUGLIO 2023 o 40 ossier pestivo, ben architettato, mai interrotto nelle successive fasi del conflitto. Nell’ambito dell’Alleanza Alba (alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, ndr), il Venezuela propone all’Onu la «costituzione di una Commissione internazionale di buona volontà per la ricerca della pace in Libia, mediante la promozione del dialogo fra le parti». La Commissione potrebbe annoverare rappresentanti di Unione africana, Lega araba, Conferenza islamica, Movimento dei non allineati, Unasur e Alba. Chávez ripete invano il suo appello ai paesi non belligeranti che non possono «stare inerti» e appoggia senza riserve la proposta dell’Unione africana (ma il Sudafrica, unico paese africano che all’epoca è membro non permanente del Consiglio di sicurezza Onu, vota a favore della no-fly zone). Come scriverà anni dopo su Le Monde diplomatique il suo ex segretario Jean Ping, l’Unione africana elabora una road map, adottata il 10 marzo 2011. Ma paesi Nato e monarchie del Golfo ignorano la mossa iniziando i bombardamenti pochi giorni dopo. Nondimeno il 10 aprile, rappresentanti dell’Ua arrivano a Tripoli per incontrare Gheddafi, che accetta la proposta. Ma non la accettano le milizie armate dell’opposizione appoggiate dalla Nato. E la guerra continua fino alla distruzione di Sirte e al linciaggio di Gheddafi. I popoli, il pacifismo e quel che non si fece Che fare, si possono chiedere i popoli, quando i governi avviano guerre che sfasciano paesi, ammazzano centinaia di migliaia di civili e militari, fanno milioni di rifugiati e immani distruzioni e non finiscono mai, si trasformano soltanto? Obiettori delle industrie d’armi e attivisti contro le basi militari spiegano da sempre che il conflitto armato è il naturale sbocco del complesso militarindustriale, al quale occorre opporsi ogni giorno, e Qui: allievi di una scuola nei pressi di Abu Graib, controllata dai soldati Usa. Iraq 2004. © Pietro Gigli / Fondazione Lelio e Lisli Basso Onlus

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