Missioni Consolata - Luglio 2023

LUGLIO 2023 | MC | o 37 RIFLESSIONI SULLA GUERRA o Di fronte alla guerra in Ucraina e al dibattito sull’invio di armi, una riflessione sulle guerre condotte dall’Occidente (e alleati) può dare spunti? O tutto è già stato dimenticato? Ossimori e menzogne nelle guerre di aggressione Proteggere i civili, evitare genocidi, cancellare i dittatori, sconfiggere il terrorismo, portare la democrazia. E possibilmente avvolgendosi nei panni dell’Onu. Questa narrazione serviva a spacciare per umanitarie e giuste le guerre infinite portate avanti o aiutate dall’Occidente democratico. Gennaio 1991: contro l’Iraq viene scatenata «Desert Storm» (Tempesta nel deserto), in Italia battezzata «operazione di polizia internazionale» per via dell’articolo 11 della Costituzione. Così, l’Onu sdogana la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti. Marzo 1999: campagna di attacchi aerei della Nato contro la Jugoslavia, «Allied Force» (Forza alleata); detta anche «operazione umanitaria per fermare la pulizia etnica in Kosovo». Ottobre 2001: «Enduring Freedom» (Libertà duratura), intervento bellico di Stati Uniti e alleati contro l’Afghanistan. Marzo 2003: «Iraqi Freedom», «guerra preventiva» degli Usa e alleati (senza autorizzazione Onu) contro l’Iraq. Marzo 2011: bombardamenti occidentali e petromonarchici sulla Libia, con semiautorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza Onu; per alcuni giorni chiamata «Odissey Dawn» (Alba dell’Odissea), diventa «Unified protector» (Protettore unificato) quando coinvolge altri attori dell’Alleanza. Dal 2011, guerra per procura in Siria, con Occidente, monarchie del Golfo e Turchia uniti nell’appoggiare, in molti modi, gruppi armati jihadisti. Dal 2015, operazione «Decisive Storm» (Tempesta decisiva), condotta contro lo Yemen dall’Arabia Saudita con una coalizione di nove paesi arabi e armi soprattutto occidentali. Per legittimare operazioni di aggressione di tale portata e renderle «giuste» e «umanitarie» i belligeranti hanno fatto ricorso a menzogne o a notizie non verificate. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966 sottolinea, all’articolo 20.1, che qualsiasi propaganda in favore della guerra dovrebbe essere vietata per legge. Ma questo invito ai paesi è rimasto lettera morta. E in guerra, sembra non operare il rasoio di Hitchens: cioè il principio metodologico secondo il quale «ciò che viene affermato senza prove può essere smentito senza prove». Le tattiche della propaganda in tempo di guerra - fatta di notizie non verificabili, cause occultate, fonti di parte, omissioni, demonizzazione dell’avversario -, non sono appannaggio dei soli governi belligeranti e dei media mainstream che li seguono. Vengono usate, e sempre di più, da diversi altri attori. Il caso del 2003 è peculiare perché ben pochi credono alla famosa provetta mostrata dallo statunitense Colin Powell all’Onu come prova della presenza di armi di distruzione di massa in Iraq. Nel libro Guerra all’Iraq, del 2002, William Rivers Pitt intervista l’ispettore dell’Onu Scott Ritter, il quale spiega che «la minaccia dell’Iraq in termini di armi di distruzione di massa è zero». Tutto l’arsenale è stato distrutto sotto il controllo Onu. E il 5 febbraio 2002 il New York Times rivela che la Cia non ha prove che l’Iraq sia impegnato in operazioni terroristiche contro gli Usa ed è convinta che Saddam non abbia fornito armi chimiche o batteriologiche ad al Qaeda. Fake news mondiali Per la precedente operazione contro l’Iraq, nel 1991, un’efficace finzione contribuisce a convincere il Congresso Usa. Novembre 1990, la giovanissima «infermiera vo- Qui: rifornimento carburante, Baghdad, Iraq, 2003. | Sotto: parenti delle vittime manifestano, Baghdad, Iraq, 2003. © Pietro Gigli / Fondazione Lelio e Lisli Basso Onlus

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