Missioni Consolata - Aprile 2023

© Eberhard Grssgasteiger - Unsplash © Humberto Chavez - Unsplash grafica, quella a modesta crescita, quella a crescita zero o negativa. Ognuna di esse presenta i propri problemi e le proprie specificità. Paesi in denatalità Nel 2021 si sono contati una quarantina di paesi con crescita negativa, guidati dalla Lituania che ha subito una riduzione demografica dell’1,19%. Fra essi compare anche l’Italia che nel 2021 ha avuto un calo complessivo di residenti dello 0,3% rispetto al 2020. Già nel 2008 il Parlamento europeo aveva lanciato grida di allarme precisando che la denatalità avrebbe voluto dire invecchiamento della popolazione, meno persone al lavoro e quindi meno soldi per sanità e previdenza sociale a causa delle minori entrate fiscali. Nel 2021 gli over 65 in Italia erano 13,9 milioni e rappresentavano il 23,5% della popolazione totale. Nel 2050 la loro quota è attesa al 34,9%, e c’è chi trema pensando alle difficoltà che ci attendono. Una popolazione di vecchi non può badare a se stessa: senza un’adeguata base di giovani disposta a farsene carico è destinata a soccombere sotto il peso degli enormi bisogni economici, sociali, sanitari, assistenziali. Nella situazione opposta si trova l’Africa con tre quarti della popolazione al di sotto dei 35 anni, 900 milioni di individui. Quasi metà di loro, 35% dei residenti, è in età da lavoro collocandosi fra i 15 e i 35 anni. E, tuttavia, un terzo dei giovani africani è disoccupato e un altro terzo sottoccupato. Solo il 17% ha un lavoro salariato regolare, ed è lontana la prospettiva che questa quota possa crescere. Ogni anno in Africa il mercato del lavoro vede l’ingresso di 1012 milioni di nuovi giovani, ma l’offerta di nuovi posti non supera i 3 milioni. Di questo passo, avverte la Banca per lo sviluppo africano, nel 2025 i giovani africani senza alcuna prospettiva di lavoro saranno 263 milioni. Situazione destinata ad aggravarsi considerato che, nel 2050, le persone fra i 15 e i 35 anni in Africa sono attese a 850 milioni. In conclusione, l’unica prospettiva di vita per molti giovani africani è la migrazione, principalmente dalle campagne verso le città e dai paesi africani a più bassa capacità produttiva verso quelli a maggiore capacità produttiva. Già oggi 19 milioni di africani si trovano in un paese del continente diverso da quello di nascita. Ma altri 17 milioni si trovano in continenti diversi dall’Africa. Il ruolo delle migrazioni Considerato che il mondo è formato da aree con una penuria di giovani e altre con un eccesso, sarebbe interesse di tutti un riequilibrio attraverso una maggiore libertà di movimento delle persone. I paesi che stanno invecchiando potrebbero ringiovanirsi e i paesi con molti giovani potrebbero migliorare la propria economia tramite le rimesse degli emigranti. Ma in Europa, e in particolare in Italia, solo pochi hanno messo a fuoco che questa è la strada da battere. Fra essi Tito Boeri che, da presidente dell’Inps, non ha perso occasione per ricordarci il ruolo insostituibile dei migranti: senza i due milioni e mezzo di lavoratori stranieri che pagano le tasse e versano i contributi, il sistema previdenziale italiano non ce la farebbe. Chi invece sembra non averlo capito è la politica che pure avrebbe il compito di individuare i problemi e trovare le soluzioni. Il fatto è che i fenomeni si mettono in moto da soli, e quando la politica li intercetta, spesso succede che invece di gestirli in un’ottica di bene comune li cavalca per fini elettorali. Paradossi della democrazia. Francesco Gesualdi (prima parte - continua) 70 e la chiamano economia

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=